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MESHUGGAH "The Violent Sleep of Reason" (Recensione)

Full-length, Nuclear Blast
(2016)

Nella vita ci sono poche certezze, e anche la musica non fa eccezione. Ormai siamo costretti a brancolare nel buio un po' in ogni campo, tantochè ci appare strano, molte volte, quando quello che ci circonda ci dà qualche garanzia. Ormai la precarietà ci è entrata pure nel pensiero. Ma con i Meshuggah si è da tempo sicuri di ciò che ci offriranno, senza troppe sorprese di alcun tipo. Il loro djent metal (termine che odio ma ormai entrato nel vocabolario del metal), si è assestato su coordinate ben precise a partire da "Nothing" grossomodo, con qualche piccola variazione negli album che stanno in mezzo.
Ma sostanzialmente da quel disco in poi la musica dei Nostri si è fatta sempre più criptica e claustrofobica, un magma sonoro che procede inesorabile, stritolando i cervelli degli ascoltatori sotto una coltre di musica asfissiante e dai colori cupi. 

Ad essere onesti, questo nuovo "The Violent Sleep of Reason" mostra un po' la corda, e alla lunga stanza. Chi segue la band da sempre, ricorderà la freschezza compositiva di dischi come "Destroy Erase Improve" o "Chaosphere", che mettevano già in mostra lo stile che la band avrebbe fatto proprio marchio di fabbrica in futuro, ma non lasciando da parte una certa aggressività che si sposava benissimo con delle canzoni che rimanevano in mente. Adesso cosa abbiamo di tutto questo? Non dico nulla, ma poco. Se è vero che qualsiasi band che abbia provato ad imitare i Meshuggah ha fallito e che quindi lo stile di questa band rimane unico e irreplicabile, è anche vero che, se prendiamo quest'ultimo "The Violent Sleep of Reason" e lo paragoniamo con quello che è a mio avviso il disco che più gli si avvicina, ovvero "Nothing", non possiamo fare un confronto ad armi pari. Recuperate infatti alcune caratteristiche proprie di dischi come "Nothing" o "Catch Thirtythree", prime fra tutte la pesantezza e il non pigiare mai sull'acceleratore, il nuovo album di questi svedesi appare buono, a tratti decisamente godibile, ma tuttavia riciclato, perchè queste sonorità sono ormai circa quindici anni che non subiscono un minimo di variazione. Aggiungiamoci che, come ormai anche i muri sanno, quello che suonano i Meshuggah è un qualcosa di ostico e molte volte fine a se stesso e capirete cosa voglio dire. C'è una linea sottile tra sperimentazione e "polpettone musicale", e i Meshuggah si salvano per miracolo in questo ultimo loro lavoro nel non cadere in questo tranello. 

Si salvano perchè questi cinque musicisti hanno le palle e in alcuni frangenti la loro classe viene inevitabilmente a galla. ma tutto questo è lontano anni luce da poter essere considerato "buona musica". C'è la pesantezza, la chitarre slacciate, il drumming portentoso di Tomas Haake e la solita voce al vetriolo di Jens Kidman. C'è la tecnica e la maestria dei Nostri nel costruire un muro sonoro di inaudita violenza e complessità. Ma manca quel qualcosa che, fino a un po' di anni fa, ti faceva saltare dalla sedia quando ascoltavi un loro disco. Manca ormai la fantasia nel creare qualcosa che possa coinvolgere con un minimo di emotività l'ascoltatore. 
Quindi abbiamo un blocco di quasi un'ora di pesantezza assicurata, ma tolta quella non rimane molto altro. Non cito episodi, perchè sono praticamente tutti uguali. C'è chi apprezzerà come al solito e chi addirittura griderà al capolavoro, forse più per una sorta di spirito di aggregazione nel farlo ad ogni uscita di questa band. Ma io che li ascolto dalla prima metà degli anni Novanta comincio a stancarmi molto presto della loro musica, perchè sono ormai troppi anni che appare solo come mero esercizio tecnico e nulla più. 
E a me questo non basta più. Amen.

Recensione a cura di: Sergio Vinci "Kosmos Reversum"
Voto: 60/100

Tracklist:
1. Clockworks 07:15 
2. Born in Dissonance 04:34 
3. MonstroCity 06:13 
4. By the Ton 06:04 
5. Violent Sleep of Reason 06:51 
6. Ivory Tower 04:59 
7. Stifled 06:31 
8. Nostrum 05:15 
9. Our Rage Won't Die 04:41 
10. Into Decay 06:32 

DURATA TOTALE: 58:55 

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