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STORMWOLF "Howling Wrath" (Recensione)

Full-length, Red Cat Records 
(2018)

Quando i Battle Beast sono saliti agli onori della cronaca, non mi sono scomposto più di tanto. Certo, riconosco sia a loro che ai cugini Beast In Black la capacità di inserire momenti decisamente “catchy” in contesti talmente pomposi ed eccessivi da rischiare di apparire fuori fuoco rispetto a quello che dovrebbe essere l'obiettivo di ogni band del genere: suonare heavy metal.

Tuttavia, non voglio scadere nella retorica di ciò che è “true” e ciò che non lo è; piuttosto, volevo umilmente far notare come i brasiliani Shadowside suonavano a questo modo da anni, solo che il grande pubblico non se ne era mai accorto. Ecco, dal primo momento in cui ho sentito per intero “Howling Wrath” dei nostrani Stormwolf non ho potuto fare a meno di accostarli al suddetto quartetto carioca, forse per l'affinità timbrica della singer Elena Ventura con Dani Nolden (fatte le dovute differenze) o anche per l'impiego di female vocals in territori metal che non abbiano per forza il gothic come azionista di maggioranza.

Per la verità, i primi estratti che avevo sentito in Rete non mi avevano entusiasmato, complice una registrazione che tende a “scollare” tra loro i vari strumenti, ma nel complesso ciò che si fa apprezzare del quintetto di Rapallo è il roccioso stile chitarristico, con una vena solistica che è a metà tra la tradizione neoclassica e la scuola di Mustaine, a sottolineare la gradita venatura oscura del disco (badate bene: oscura, non “goth”), percepibile sin dai primi pezzi. Per scoprire subito le carte, dirò che la voce della Ventura appare a volte eccessivamente acerba, pur avendo come merito e punto di forza la continua ricerca di nuove soluzioni melodiche: un piccolo neo, che non è detto che non possa essere risolto col tempo.
Va detto come “Howling Wrath” – secondo disco degli Stormwolf – abbia vari momenti anche contrastanti tra loro, peccando un po' di eterogeneità strutturale: si passa dai cambi di tempo arditi di “Winter Of The Wolf” e del singolo “Fear of the Past” alla strana svolta “americana” e hard rock di “Marathon” cui fa eco “Lightcrusher”, con i suoi echi un po' Megadeth, all'evidentissimo piglio maideniano dello strumentale “Thasaidon” e di “Swordwind”, con linee vocali dall'effetto straniante e quasi pop nel break centrale, al mood malinconico (anche qui retaggio dei Maiden anni '90) di “Soulblighter”, un episodio su cui la cantante si mostra perfettamente a suo agio, grazie all'alternanza con il growl dei cori.

Stupisce la scelta di collocare ben 3 (!) cover alla fine, di cui due dei Lizzy Borden e il classico dei Warlock “All We Are”; quest'ultimo è uno di quei pezzi su cui puoi vincere a mani basse, nella musica “suonata” così come nelle compilation da viaggio, ed è una scelta che mi ha un po' ricordato i White Skull, altra band che esercita una discreta influenza sugli Stormwolf. Chissà se un giorno saranno gli Arch Enemy del periodo con Angela Gossow a rappresentare il bacino da cui “pescare” cover anthemiche, magari “Revolution Begins” o “Burning Angel”... La presenza di “One False Move” e “Me Against The World” dei Lizzy Borden sembra invece ricalcare più quel filone a stelle e strisce celebrato da pellicole come “Morte a 33 giri”, ma va bene anche così. 
Una band da tenere d'occhio nelle evoluzioni future, considerando che parte dei pezzi qui presenti erano già inclusi nel debut “Stormwolf” e che quindi è probabilissimo che il quintetto debba esprimere ancora tutto il suo potenziale, ben visibile nell'ottimo lavoro chitarristico dell'accoppiata Natale / Passarelli. Alla prossima...

Recensione a cura di: schwarzfranz
Voto: 70/100

Tracklist:
1. The Phoenix 04:50
2. Winter of the Wolf 05:25
3. Marathon 05:27
4. Fear of the Past 04:29
5. Swordwind 07:35
6. Lightcrusher 05:27
7. Thasaidon 07:03
8. Soulblighter 04:17
9. All We Are 03:10
10. One False Move 03:08
11. Me Against the World 05:09

DURATA TOTALE: 56:00

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