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RAVENTALE "Planetarium II" (Recensione)


Full-length, Ashen Dominion 
(2020) 

Il decimo album in studio della one-man band atmospheric black metal ucraina Raventale, formata da Astaroth a Kiev nel 2005, si pone come naturale successore del capolavoro del 2017 "Planetarium", di cui riprende il nome e ricalca in parte lo stile, chiudendo la breve parentesi funeral doom del precedente "Morphine Dead Garden", uscito nel 2019. L'album è stato rilasciato l'8 settembre sotto la Ashen Dominion e sancisce un nuovo capitolo della folta discografia del progetto, che dal puro black/doom metal atmosferico degli esordi si è evoluta fino ad inglobare influenze progressive rock e ambient, passando per il depressive e per il già citato funeral doom e rinnovando ogni volta il sound con nuove ispirazioni e nuove sorprendenti sfumature. Il main-project di Astaroth è ormai una garanzia del panorama underground ucraino, grazie ad una costante attività live realizzata con guest musicians e alla progressiva maturazione nello stile musicale, adesso molto più definito e personale che in passato e in costante ricerca della perfezione; il sound caotico e distorto degli esordi ha lasciato il posto a melodie ricercate e atmosfere intriganti, talvolta tendenti allo space, arricchite da un riffing armonico e raffinato mai scontato, in evoluzione progressiva album dopo album. 

Ciascuno dei dieci lavori sulla lunga distanza firmati Raventale racconta una storia, riunendosi a mo' di concept attorno ad un tema principale che le atmosfere e le melodie che lo accompagnano sembrano voler abbracciare e guidare nota dopo nota, rivelandone le arcane sfumature; i testi, così come la musica, viaggiano introspettivamente nell'animo umano raccontando di solitudine e disperazione, di auto-coscienza e di trascendenza, di elevazione spirituale e mitologia arcaica, ma è solo con l'ottavo album "Planetarium" che assumono una forma ben più definita e concreta, aprendosi ai misteri irrisolti del mondo celeste. Il primo capitolo di quella che potrebbe benissimo diventare una saga sullo stile di "Memoria Vetusta" dei Blut Aus Nord tratta di vicende extra-dimensionali che si svolgono nella penombra di una strana eclissi con due lune, durante la quale creature bestiali partoriscono il caos dalle inesplorate profondità dello spazio, generando il nulla; questo nuovo lavoro riprende la narrazione astrale del concept entrando con maggior convinzione nel teatro del mistero che avvolge l'Universo e le parallele realtà in esso contenute, spalancando le porte dell'ignoto e di mondi oscuri e tenebrosi mai violati. 

L'album si apre con la breve introduzione "Sheen of Urania", dall'ipnotico black/doom con richiami atmosferici molto accattivanti e un motivo sussurrato quasi malinconico, la cui ritmica lenta e oppressiva viene ripresa nelle prime note di "Extra Terrestrial Arcana", alle quali subentra un cantato rauco che si tramuta ben presto in uno scream deciso e graffiante, accompagnato da un riffing accelerato che si evolve nota dopo nota; un intermezzo post-rock anticipa l'improvvisa accelerazione della seconda parte del brano, scandita da chitarre gelide e atmosferiche e addolcita dalle tastiere, con un pregevole assolo in crescendo dai contorni heavy a chiudere. "Drinking Sulfur, Devouring the Sun" esordisce con un riffing melodico in perfetto stile doom, alternando poi momenti acustici ad assoli melodici dalla ritmica lenta e ragionata, con una serie di cambi di tempo che non accelerano mai in modo definito, prima di un finale atmosferico dalle eco ambientali; la successiva "Route to Andromeda" soffre le stesse variazioni di velocità della precedente, aprendosi con un black/doom epico e atmosferico che lascia spazio a un riffing glaciale e ad uno scream lacerante nella seconda parte, ricorrendo ad un puro black metal un po' troppo lasciato in disparte fino ad ora. A metà percorso troviamo la lunga "The Moon in the Seventh House", lenta e melodica e con un accompagnamento di tastiere in stile ambient molto intrigante, a cui si unisce la voce femminile soave e sognante di Alina Belova, a far da contraltare alle chitarre heavy e allo scream soffocato di Astaroth, in un episodio forse eccessivamente raffinato del lavoro. L'episodio più affascinante dell'intera release è però a mio avviso la successiva "Let the Fire Burn!", aperta da atmosfere ambient che anticipano il black/doom atmosferico della seconda parte per poi assumere un contorno funeral nel growl soffocato e cupo e nella drammatica armonia delle chitarre, che salgono sul finale in un vortice epico e travolgente. Non molto aggiungono le ultime due tracce a quanto già sentito, perseguendo nella ritmica black/doom e nelle atmosfere talvolta al confine con il post-rock, accentuate da un riffing melodico e raffinato e da tastiere epiche, con poche accelerazioni e qualche tocco alternative.

Certamente per chi si aspettava a tutti gli effetti un degno sequel del primo "Planetarium" questo secondo capitolo non può che rappresentare al primo ascolto una parziale delusione, che potrà affievolirsi solo col tempo accettando le nuove variazioni del sound del progetto che, ora più che mai, sembra destinato a non essere inquadrato in nessun genere specifico. Con il concept sulla mitologia indiana e tibetana del 2015 "Dark Substance of Dharma" il sound di Raventale sembrava aver acquisito una definitiva maturazione ed intrapreso un percorso musicale deciso, abbandonando il black/doom degli inizi in favore di un atmospheric black metal feroce e graffiante con un tocco post-black metal innovativo, che si era poi accentuato con il successivo "Planetarium", ma il funeral doom atmosferico del suo successore ed il ritorno al black/doom di questo nuovo lavoro impediscono ancora una collocazione ben precisa della band ormai quindicennale, che dovrebbe abbracciare maggiormente le influenze black metal raggiunte durante il suo percorso di crescita oppure abbandonarle definitivamente. Del resto Astaroth stesso ha sempre definito il genere musicale del suo progetto principale come "Atmospheric blackened metal", e ascoltando questo nuovo prodotto della sua arte la definizione direi che calza a pennello, positiva o negativa che sia. 

Alessandro Pineschi 
Voto: 73/100

Tracklist:
1. Sheen of Urania 
2. Extra Terrestrial Arcana 
3. Drinking Sulfur, Devouring the Sun 
4. Route to Andromeda 
5. The Moon in the Seventh House 
6. Let the Fire Burn!  
7. Earth (Alpha & Omega) 
8. A Temple of My Choice

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