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VICIOUS RUMORS "Celebration Decay" (Recensione)


Full-length, Steamhammer
(2020)

Non so quante ire mi tirerò addosso con la seguente dichiarazione, ma dei Vicious Rumors mi è sempre fregato poco o nulla. Raramente ricordo di aver avuto conversazioni sulla musica dove si levassero dal coro voci piene di orgoglio nel gridare: “I Vicious Rumors sono la mia band preferita”.
Quando infatti mi è stata presentata la richiesta “Ehi, ti va di recensire "Celebration Decay?” (n.d.r. Ultimo sforzo in studio dei VR, datato 21 Agosto 2020 e soggetto della recensione in questione) mi sono sentito un attimo un coglione: tutto ciò sarebbe significato una sorta di full-immersion nella carriera del combo Californiano, di modo da capire vita morte e miracoli di una band che, adesso, necessitava la mia attenzione in funzione della recensione che state leggendo.

“Quindi Hellbanno, cosa ne pensi del 13° lavoro in studio dei Vicious Rumors?” Voglio innanzitutto dare a “Cesare quel che è di Cesare”: per quanto non sia un amante delle produzioni super polished, questo disco riesce a trovare un connubio solido fra l'aggressività e la cura per i dettagli di un disco metal da classifica, mantenendo appunto alto il ritmo nei momenti più serrati. Più che buoni i lavori di chitarra – lavoro quasi solitario del membro fondatore Geoff Thorpe, con qualche contributo del vice Gunnar DuGrey – forse ultimo lascito del passato power/heavy, ricchi di melodia ma estremamente performanti anche nei riff a velocità elevata. In complesso la parte musicale è canonica, ma bene o male messa insieme con i giusti canoni del genere.

E poi fine qua, sto disco è malamente bollito ed è inutile che provi ad indorarvi la pillola. Ho tentato in tutti i modi possibili di sviscerare questo lavoro in favore di particolari nascosti che avrebbero potuto risollevare il mio giudizio, ma è stata una ricerca vana. Per quanto i VR siano una band con release piuttosto regolari, durante tutto l'ascolto del disco, ho avuto come la sensazione che una band, con quasi 40 anni dal debutto sul groppone, stesse tentando di rendersi appetibile ad un pubblico che li ha sempre snobbati, traslando la loro proposta dal 1980 al 2020 senza idee realmente solide a supporto. Tutto suona come un'accozzaglia che va a pescare un po' dai MEGADETH di “Youthanasia”, un po' dagli ultimi Pantera e un po' dai Testament di “Formation of Damnation”: canzoni che partono con riff steroidati con cantato quasi al confine col metal estremo, per poi affossarsi in parti melodiche tremendamente fuori contesto – esempio lampante “Arrival of Desolation”, che ancora mi fa grattare la testa in confusione.

Menzione di (dis)onore al mescolone immondo proposto da “Darkness Divine”, praticamente "Wanted D.O.A." di Bon Jovi cantato da Chris Bodenthal dei Grave Digger... mamma mia. Ah già, il cantato: come non spendere due parole su Nick Courtney? Questo nuovo innesto dei VR le prova tutte e non ne azzecca una: dallo strillo alla Nevermore / Sanctuary, al cantato da orco cattivo di Chuck Billy, a certe derive alla Tim Owens, Niente funziona mai a favore del pezzo, ma fa in modo che la voce sia sempre fuori contesto, o sembri tale... insomma un casino. Dunque doveva succedere eh? Dopo una streak di dischi recensiti buoni o perfino ottimi doveva arrivare la mazzata sul collo a farmi ritornare coi piedi per terra. Dispiace che sia a causa di una band “storica”, sfuggita purtroppo non indenne agli anni 2000, lapide di molti gruppi old-school o professati tali. Dispiace sì, ma sto "Celebration Decay" equivale all'andare ad un funerale vestiti di bianco e ridendo a squarciagola; fuori luogo e di cattivo gusto.

Hellbanno
Voto: 50/100

Tracklist:
1. Celebration Decay
2. Pulse of the Dead
3. Arrival of Desolation
4. Any Last Words
5. Asylum of Blood
6. Darkness Divine
7. Long Way Home
8. Cold Blooded
9. Death Eternal
10. Collision Course Disaster
11. Masquerade of Good Intentions

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