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THE OCEAN COLLECTIVE “Phanerozoic II: Mesozoic Cenozoic” (Recensione)


Full-length, Metal Blade Records
(2020)

Sono passati circa due anni in termini discografici, ma milioni dal punto di vista concettuale: avevamo lasciato la creatura di Robin Staps alle prese con l'estinzione di massa del Permiano ed ora riprendiamo con il lento, costante ritmo geologico della vita che ritorna a popolare i mari e gli ambienti asciutti. Ancora una volta è la curiosità cervellotica ed i bizantinismi concettuali a farla da padrone di un'opera dei The Ocean, che ci hanno abituato sin dalla loro nascita ad un approccio intellettuale e metaforico, oramai diventato forse un po' prevedibile ma sempre e comunque unico nel panorama musicale. 

Non molto è cambiato nemmeno a livello sonoro, quantomeno rispetto a due anni fa. Si conferma l'abbandono, o quantomeno l'impoverimento, del reparto musicale più duro a favore di un approccio sempre più progressivo e melodico. Non credo che sia un male, anche se magari non è il loro lavoro migliore in assoluto: e nemmeno si può proprio parlare di un cambio di rotta, perché alla fin fine si tratta sempre di un calderone fumante di quelle che sono tra le principali tendenze della musica dura degli ultimi venti anni, dal djent al progressive crepuscolare. Per una volta non faccio nomi, sia perché le similitudini sono sempre quelle, sia perché i The Ocean sono davvero quasi coevi con i loro punti di riferimento, per cui sarebbe ingiusto considerarli dei semplici “follower”. 

Sono pochi i momenti in cui si pesta davvero, e sinceramente devo dire che non mi dispiace, perché amo molto l'interpretazione pulita e melliflua di Loic Rossetti. In generale, pertanto, li amo di più quando si abbandonano ad arrangiamenti più progressive, e davvero sembra che ti cullino mentre la vita ribolle attorno a te. La loro è una bellezza discreta, che si manifesta adagio minuto dopo minuto, senza urlare e senza ricorrere ad effetti speciali: difficilmente ci sono coretti da urlare a squarciagola, oppure riff vincenti che ti conquistano al primo ascolto, il loro è un affresco che si compone piano ed ha bisogno di tempo per essere apprezzato appieno; ciò anche se è chiaro fin dal primo ascolto, per un orecchio allenato, che siamo di fronte ad una scrittura di prim'ordine. Non capisco la scelta di riproporre, ancora una volta, lo stesso album anche nella sua versione strumentale: due pezzi lo sono in ogni caso, ed a parere del sottoscritto, per quanto comunque godibile, la mancanza della voce lascia le composizioni magari non mutile, ma sicuramente meno ricche, per cui potete benissimo considerare il minutaggio complessivo dimezzato. 

In conclusione, si tratta (ancora una volta) di un'opera faticosa, ma che merita ogni singolo minuto speso nella contemplazione di questo vasto e meraviglioso affresco. I The Ocean sono una band che non spicca facilmente, ma che mostra la sua forza nella lunga distanza: li riprendi raramente, ma non ti stufano e non invecchiano praticamente mai. 

Fulvio Ermete
Voto: 78/100

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