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ARMORED SAINT "Punching the Sky" (Recensione)


Full-length, Metal Blade Records
(2020) 

In un mercato discografico ormai saturo, sempre alla ricerca di quel qualcosa in grado di catturare l'attenzione tra rimandi più o meno dignitosi al passato o, al contrario, tentativi (il più delle volte falliti) di voler tirare fuori qualcosa di innovativo, vi sono poi le "grandi firme" che a cadenza più o meno regolare escono allo scoperto. Il più delle volte tuttavia si tende a scadere nella trappola del brodino riscaldato, tra artisti ormai sul viale del tramonto, line-up raffazzonate da commistioni con onesti giovani mestieranti, ma soprattutto alle prese con una vena artistica ormai già ben che andata da anni. 

Ecco che l'uscita dell'ottava fatica degli storici Armored Saint (la terza dopo la reunion ufficiale del 2006) altro non avrebbe fatto presagire se non la solita operazione atta a timbrare il cartellino e provare a buttar giù qualche nuova data, qualora questo virus maledetto ci permetta il più presto possibile di seguire un concerto dal vivo. Opinione legittima nella stragrande maggioranza dei casi, meno quando si parla della storica band losangelina. Certo è che in pochi probabilmente si avvicineranno con particolare interesse ad una nuova uscita degli Armored Saint, tralaltro dopo cinque anni dall'uscita del loro ultimo lavoro "Win Hands Down", discreto ma certamente non imprescindibile. Ed è con questo spirito che, in linea di massima, il sottoscritto si è avvicinato all'ascolto di questo "Punching the Sky", e proprio seguendo questa linea logica di pensiero che al tirare delle somme il nuovo lavoro della band di Vera e soci ha finito per esaltarmi! 

Eh sì, perchè gli Armored Saint del 2020 danno una vera e propria lectio magistralis di come è possibile dopo quasi 40 anni di onorata carriera, continuare a suonare del sano e duro heavy metal classico restando pienamente al passo coi tempi! Non faccio fatica del resto a posizionare "Punching the Sky" appena al di sotto, qualitativamente parlando, della produzione degli Armored Saint del primo corso, un passo avanti incredibile rispetto anche alle ultime due produzioni post-reunion della band originale. Praticamente Bush e soci dimostrano a tutti di aver assorbito come spugne le proprie influenze musicali maturate nel corso degli anni, andando così a pescare a piene mani dal repertorio di ogni singolo musicista, rimescolando le carte in tavola e tirando fuori un lavoro che sa risultare tanto roccioso e classicamente ineccepibile quanto fresco e variegato, forte di una produzione pulitissima ed un sound che sa sempre bilanciarsi alla perfezione tra aggressività e melodia senza per questo risultare scontato o piatto, se non in alcuni piccolissimi frangenti che andremo ad analizzare di seguito. 

Guidati dalla coppia di "registi" Joey Vera e Gonzo Sandoval, gli Armored Saint del 2020 mettono in campo tutte le peculiarità dei singoli musicisti creando un amalgama unico ed entusiasmante: John Bush dietro al microfono regala quelle linee vocali e quell'andamento variegato e contaminato ai singoli pezzi che l'aveva reso famoso con il secondo corso degli Anthrax, Phil Sandovan e Jeff Duncan alle chitarre sanno colpire sia di spada che di fioretto, il risultato sono 53 minuti di musica in grado di entrare immediatamente nella testa dell'ascoltatore, ma di non annoiare nell'arco dell'intera durata del lavoro. La prima parte è quella forse legata maggiormente al passato della band, in particolare con uno dei singoli designati all'uscita "End of the Attention Span" in cui si intravede uno spirito più evocativo, o ancora la graffiante "Bubble" dove è il riffing a farla padrone, mentre l'opener "Standing on the Shoulders of Giants" punta soprattutto sul refrain e sulle linee vocali di Bush, rappresentando un ideale crossover tra vecchi e nuovi Armored. Ma la principale peculiarità di questo "Punching the Sky" è la già descritta varietà a livello di sound e soluzioni, con una band che non ha paura di sconfinare anche verso sonorità più alternative, come in "My Jurisdiction" dove si intravede un'anima addirittura ai limiti del southern/grunge, o ancora nella maideniana "Missile to Gun" o nell'anthemica "Fly in the Ointment" dove l'ugola di Bush prende il sopravvento andando a forgiare un pezzo che sa tanto di Anthrax periodo "Stomp 442". "Lone Wolf" e la nervosa "Unfair" rappresentano altri due capitoli per certi versi insoliti alle orecchie di chi è abituato ad associare un certo tipo di sound alla band californiana, mentre la fiacca "Bark, No Bite" che paga un'eccessiva ricerca della melodia ad ogni costo, rappresenta probabilmente l'unica nota stonata dell'album ma che non riesce ad inficiare in nessuna maniera la qualità eccelsa del lavoro. 

Ci sono album che spesso attendi spasmodicamente e poi all'atto pratico finiscono per deluderti o lasciarti interdetto. Vi sono poi quegli album di cui faresti volentieri a meno ma che poi per curiosità ascolti e ne resti intrappolato dentro...ecco "Punching the Sky" è uno di questi. Una dimostrazione di classe da parte di una band troppo grande per finire nel dimenticatoio dopo "appena" 38 anni di onorata carriera! 

Luca Di Simone
Voto: 80/100 

Tracklist: 
01. Standing on the Shoulders of Giants 
02. End of the Attention Span 
03. Bubble 
04. My Jurisdiction 
05. Do Wrong to None 
06. Lone Wolf 
07. Missile to Gun 
08. Fly in the Ointment 
09. Bark, No Bite 
10. Unfair 
11. Never You Fret

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