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DAMPYR #251: "Stavkirke" (Recensione)


Soggetto: Maurizio Principato
Sceneggiatura: Maurizio Principato
Disegni: Arturo Lozzi
Copertina: Enea Riboldi
Uscita: 04/02/2021

Le Stavkirke sono Chiese in legno, risalenti al medioevo ed assurte alla cronaca nei primi anni novanta, quando molte di esse furono date alle fiamme dai seguaci della scena black metal, collegati all’Helvete e a Euronymous. Da questi fatti, che ogni amante di certe sonorità conosce molto bene, prende spunto la storia di questo mese. Ed è una tematica che in qualche modo ci riguarda, in quanto metallari. Dampyr, io personalmente, per lo stile e le tematiche trattate l’ho sempre avvicinato alla musica metal. I personaggi e le storie esprimono note e melodie che molto spesso si rifanno al nostro mondo. E questo mi sembra piuttosto evidente. Ma fino ad oggi il metal non è mai stato “trattato” nella serie, né direttamente, né tramite richiami, come ad esempio avveniva per Dylan Dog, il primo, quello vero. 


Per queste ragioni mi sono avvicinato a questo numero con molta curiosità e qualche aspettativa. Scoprire che i nostri eroi non sanno cosa sia il metal, generalizzare il metal come musica rock, dimostrare ignoranza in materia quando Tesla chiede se il black metal sia un genere musicale e Kurjak risponde che è il genere suonato dai Black Sabbath, sembra tutto molto ironico, ma è ironia fine a se stessa. La storia in sé presenta qualche elemento interessante nel suo sviluppo, a partire dall’idea di base in cui degli appassionati di black metal formano un nuovo inner circle, ispirandosi a quello maledetto dell’Helvete, con una figura sinistra come guida, Mael Lulach, una figura che scopriremo da subito essere un non morto. L’obiettivo che si prefiggono è arrivare ad ottenere il leggendario Fjolkungi, un potere magico che porta alla conoscenza. Per raggiungere questo obiettivo devono seguire un percorso iniziatico che passa attraverso riti sanguinosi all’interno di tre stavkirke, riti che comportano sacrifici umani. 


E proprio dal primo sacrificio inizia questa storia. Simpatica la citazione di Dod sno (Dead snow), film horror norvegese, il quale in questa storia fornisce il nome ad una comune metallara, sì, una comune come quelle famose degli hippie. Ma la cosiddetta fratellanza metallica non ha niente a che vedere con il mondo hippie. Una forzatura questa per giungere alle battute finali, in cui i nostri figli dei fiori metallari faranno la figura degli stupidi. Nota positiva è sicuramente la bellissima copertina di Enea Riboldi. Molto belle sono anche le tavole disegnate da Arturo Lozzi che riesce a farci entrare appieno nella storia evocando con i suoi disegni le giuste atmosfere. Al di là delle tematiche trattate, questa storia non è sicuramente tra le migliori pubblicate su questa serie. Manca la robustezza e quell’aria di fascino oscuro che avvolge le storie del Dampyr. 


Ci sono diverse forzature, come il ritrovamento della piantina in cui sono indicate le chiese da bruciare. Vi è la sensazione durante la lettura che manchi qualcosa. Questa nuova avventura di Harlan, a mio parere, presenta tutte le caratteristiche di una storia che poteva offrire qualcosa in più, ma purtroppo non l’ha fatto. Per usare un termine musicale Stavkirke può essere considerato un filler. Ascolto consigliato durante la lettura non poteva che essere: Mayhem – De Mysteriis Dom Sathanas.

John Preck

2 commenti:

  1. Ciao John.
    Ho letto la tua recensione. Ti ringrazio molto per aver dedicato del tempo alla lettura di questo numero di Dampyr, che ho scritto con impegno e del quale sono molto soddisfatto. Mi spiace che "Stavkirke" non abbia soddisfatto le tue aspettative ma così va la vita. Ho apprezzato che tu abbia colto la citazione ("Død snø" di Tommy Wirkola, il primo e il secondo, davvero belli, sgangherati e ricchi di humour nero). Sarebbe interessante scambiare pareri e considerazioni a voce in merito a ciò che scrivi, e anche per parlare di musica e musicisti. Spero capiti l'occasione prima o poi.
    Cordialmente,
    Maurizio Principato

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