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LIFELESS “From Cradle to the Grave” (Recensione)


Full-length, ATMF 
(2023)

Il sodalizio tra il polistrumentista Alex Bjorn, in arte Chagrin, e il cantante Varg Sverr, entrambi di origine russa, risale alla fondazione del loro primo progetto comune Before I Die, datata 2014; da allora i due si sono geograficamente allontanati, dividendosi tra l’Australia di Chagrin, attivo in molte altre realtà del metal estremo, e la Norvegia di Sverr, finchè qualche anno fa non hanno deciso di riunirsi a distanza per dare vita alla loro nuova creazione: Lifeless. Il progetto si discosta molto dal melodic death metal di Before I Die, proponendo una sorta di depressive doom/black metal contaminato dal post-rock che si dimostra da subito molto prolifico; i due hanno infatti rilasciato ben tre album soltanto nel 2020, dando subito sèguito alla loro ricetta musicale con il quarto lavoro in studio del 2021 “From Cradle to the Grave”, che a due anni di distanza ha conosciuto grazie all’etichetta italiana ATMF una prima stampa fisica.

“From Cradle to the Grave” si compone di nove struggenti tracce incentrate sul tema della malinconia, della sofferenza e della memoria in cui la versatilità musicale di Chagrin, a cavallo tra depressive rock e del black/doom metal, si unisce all’aura disperata e tragica del cantato di Sverr, proponendo all’ascoltatore quarantadue minuti di una musica carica di drammaticità e di agonia. L’album si apre con la lenta e oppressiva “…and One”, caratterizzata dallo scream sofferto del vocalist e dal riffing malinconico di Chagrin, che nella seconda parte si concede un assolo in crescendo dai toni epici. “I Am God”, si apre con una delicata intro post-rock con cori solenni in clean vocals, a schiudere un doom/black metal drammatico e reso atmosferico dalle tastiere, da riff post-metal e da arpeggi malinconici. La breve e raffinata “The Forest Whispers My Name” vira molto più sul post-rock, lasciandosi guidare da riff struggenti, da voci sussurrate e da influenze shoegaze che avvolgono l’ascoltatore in un manto onirico pregno di tragicità e di sofferenza.

Il livello qualitativo si alza con il depressive rock atmosferico di “After Me – Ashes”, brano che si distingue per un maestoso finale corale di voci solenni e drammatiche e di riff epici; la title-track si apre invece con un’introduzione atmosferica e con un arpeggio dai richiami post-rock delicato e sognante, in un crescendo malinconico in cui lo scream atroce di Sverr risulta in deciso contrasto con le armonie acustiche e oniriche di Chargin, conducendo i due su lunghezze d’onda ben diverse, a dare la sensazione di un dualismo ancora privo di equilibrio.

Lifeless è una realtà alla disperata ricerca di identità che si destreggia sufficientemente bene tra un depressive rock molto delicato e malinconico e un post-doom metal su cui a stento si odono influenze black metal, il tutto avvolto in un mantello atmosferico ben riuscito. Quattro album pubblicati in un paio d’anni sono forse troppi per un progetto così poco definito, in cui senza dubbio i presupposti per un avvenire meno tenebroso ci sono, ma hanno bisogno di essere maggiormente valorizzati.

Recensione a cura di Alessandro Pineschi
Voto: 70/100

Tracklist:
1. ...and One 
2. Beyond the Horizon 
3. I Am God
4. The Forest Whispers My Name 
5. All More One 
6. Cleansing an Exhausted Soul 
7. After Me - Ashes 
8. From Cradle to the Grave 
9. Hate and Pain

Line-up:
Alex Bjørn All instruments
Varg Sverr Vocals, Lyrics

Web:
Bandcamp

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