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HEAVY METAL E MELODIA: come diventare un ricordo indelebile

A meno che voi non facciate Death Metal e derivati, non smetterò mai di consigliare a voi tutti di sviluppare un buon gusto per le melodie, perché è lì che si gioca la vostra capacità di entrare nella mente dell’ascoltatore e non andar mai più via, diventando nel corso degli anni un ricordo cui associare sensazioni ed emozioni. Se una melodia troppo banale entra da un orecchio per uscire dall’altro quasi all’istante, un fraseggio strutturato come si deve, con la giusta alternanza di tensioni e risoluzioni accennate, dilazionate, quindi infine soddisfatte, genererà una sorta di “craving”, a livello psico-acustico, e questo porterà a voler risentire la vostra composizione in modo compulsivo, e consoliderà forti associazioni neuronali fra la vostra musica e la percezione del piacere.


State lavorando ad un livello antico e profondo, stimolando il sistema di ricompensa che vi porta a cercare motivazioni e gratificazioni nella vostra vita. Ci sono tanti modi per accendere questi circuiti: alcuni salubri, altri molto, molto meno, ma fra i primi annoveriamo senz’altro la fruizione di buona musica. La melodia è la chiave per aprire un bel cunicolo nel cervello dei vostri ascoltatori e non andar più via da lì! Non importa che facciate pop music, Power Metal, Black Metal o chissà cos’altro: studiate la teoria musicale, createvi delle solide basi di ritmica e di armonia, ma poi è sulla melodia che dovrete puntare: tutto il resto deve essere a supporto di quest’ultima entità. C’è un motivo se ancora oggi siamo qui ad emozionarci quando risentiamo “Fear Of The Dark” degli Iron Maiden, “Mirror Mirror” dei Blind Guardian o “Transilvanian Hunger” dei Darkthrone: sono tutti brani che hanno saputo proporre melodie memorabili, al di là del genere e quindi della complessità di scrittura. Ripeto: è una regola che non vale per la maggior parte del Death Metal, che si prefigge proprio di scardinare le fondamenta della gerarchia tonale per rappresentare l’entropia verso cui tutti, organismi, stelle, galassie e universi vanno incontro.


Sono discorsi da fare a parte, ma davvero, per tutto il resto, impegnatevi nel curare la forza delle vostre melodie: potete avere l’impianto armonico più complesso che si sia mai visto, con accordi strani che sommano intervalli inconsueti e dissonanti, così come figure ritmiche sempre interessanti e dinamiche, ma se non avete una buona melodia, non andrete lontano. Si può trattare di una sequenza di note nella scala che preferite della durata d’una manciata di battute, non importa: fatela girare in loop senza esplicitare la ritmica e l’armonia sottostanti. Funziona comunque? Tenetevela stretta e costruiteci attorno, altrimenti buttatela nella spazzatura e alla prossima! E’ un approccio top – bottom, dove lo strato più alto nella scrittura musicale, la melodia, appunto, determina le sue stesse fondamenta, ma si può anche procedere all’inverso: non c’è una regola precisa: una melodia può saltarvi in mente già del tutto formata e dovete trovarne il piedistallo giusto per esaltarla, oppure potete avere un groove, un beat, una progressione di accordi e quindi trovare la pennellata di note che più si adattano a quella cornice e a quella tela.


Mi capitano sotto mano dei gruppi con i migliori presupposti, senza dubbio appassionati e volenterosi in quel che fanno, ma ancora acerbi a livello melodico, quindi destinati all’oblio, se dovessero tralasciare questa componente importante della musica. Studiate la teoria musicale, perché è il linguaggio logico-matematico che vi permetterà di trascrivere con precisione, in modo comprensibile e condivisibile, le vostre idee. E mi raccomando: usate la tecnica, ma sempre e solo al servizio della melodia! Altrimenti potete anche fare centinaia di note al secondo, ma sarà fatica sprecata e non se ne ricorderà nessuno: è un vero peccato, no?

Autore: Luke Vincent

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