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Intervista: NEFESH CORE


Ecco i dark rockers Nefesh Core, una band interessante che vede al suo interno nomi anche abbastanza conosciuti della nostra scena rock e metal. Hanno appena coverizzato e rilasciato un singolo di "Lullaby", successo internazionale datato 1989 dei grandi The Cure, ma lasciamo a voi la lettura per capire meglio di chi stiamo parlando!

01. Ciao e benvenuti su Heavymetalmaniac.it. Partiamo dal vostro monicker, cosa significa di preciso?
The Ghigas: Ciao e benvenuto a te! Nefesh Core, è un nome che abbiamo scelto non a caso. “Nefesh” è un termine che proviene dall’antico ebraico e sta a identificare un punto ben preciso dell’essere umano, grosso modo la regione che sta all’altezza del giugolo, all’incontro tra il collo e la regione del cuore, lì dove sta il centro dell’anima, e “Core” rafforza il concetto come a dire il “centro del centro”. Vogliamo proprio identificarci con la parte più profonda dell’anima dell’uomo, che è prossima alla gola, la dove l’anima si esprime attraverso la parola, la voce e il canto.
Bob: Crediamo fermamente che la scelta di un monicker risponda sempre a una precisa esigenza comunicativa, alla quale si affianca poi anche una importante funzione estetica, che risiede sia nel “suono” che ha quel determinato monicker, la sua pronunciabilità e musicalità per intenderci, che nel logo che ne scaturisce, cioè nella sua forma “visiva”. A questo proposito vogliamo ricordare e ringraziare l’estro e la visionaria fervida immaginazione di Nello Dell’Omo (ArtForMusic) nota firma di molti loghi e artworks nell’ambito dell’hard rock e del metal melodico, che ha partorito il nostro logo e il nostro simbolo, al momento della nascita della band.
David: Se posso aggiungere qualcosa a quanto già detto da the Ghigas e Bob, è proprio che considerando che in questa band mi sono proposto come lead singer e che come avrai avuto modo di sentire il mio registro in clean è indubbiamente “basso” e profondo allo stesso tempo, il significato del termine Nefesh risulta veramente azzeccato. La nostra musica nasce da ciò che siamo e ciò che siamo proviene dai più profondi recessi della nostra stessa esistenza.

02. "Lullaby" è il vostro nuovo singolo e un omaggio ai grandi The Cure. Vogliamo parlare di questo singolo?
David: Beh che dirti. Stiamo parlando di un brano immortale. Non credo esista amante della musica contemporanea che non conosca questa song. E inoltre appartiene a pieno titolo al nostro passato di adolescenti. Risuona totalmente non solo nell’ambito dei ricordi ma sul piano stilistico ci appartiene pienamente. Nel percorso creativo che sia ha visto impegnati in questi anni dall’uscita del nostro primo album, “Getaway” abbiamo preso in considerazione l’idea di trovare qualche brano tra quelli che ci hanno colpito, che avesse in sé quel respiro, quel mood di melanconia e melodia, quel “nucleo” di musica dark che noi come band avremmo potuto rielaborare e rendere parte di noi, in senso strettamente artistico. Così è stato per un brano di Francesco Renga e ovviamente per “Lullaby”. Personalmente quest’ultima la considero un omaggio quasi doveroso a una band iconica del movimento della New Wave degli anni 80 che è stata parte del nostro passato di ragazzi innamorati non solo del rock e del metal, ma anche dell’electro-music di quegli anni, così densa di atmosfere surreali e suoni avveniristici.
Andrea: Come ho avuto modo di dire sulle pagine dei nostri spazi social, poter personalizzare e dando il mio contributo a uno dei brani che mi ha accompagnato, sin da piccolo, nella crescita di vita mi ha reso felice ed emozionato non poco. Come dice David, è una canzone che fa parte di noi, ci ricorda chi eravamo, da dove siamo partiti, ci ricorda di amici e occasioni passate, di serate alternative di altri tempi, quando ancora il futuro era solo immaginazione, nell’era senza internet, il web e lo streaming. Non vuole essere una “operazione nostalgia”, ma solo onorare una parte delle nostre origini artistiche ed una band culto come The Cure!

03. Per caso "Lullaby" anticipa del nuovo materiale inedito in arrivo?
The Ghigas: Stiamo scrivendo nuove canzoni da tempo. Da quando Andrea si è unito alla band ci siamo impegnati sia nel preparare la setlist per il live che nell’arrangiare una notevole quantità di materiale che David e io avevamo già scritto nel corso dell’ultimo anno e mezzo, anche se in realtà il processo di scrittura di nuovi brani è piuttosto continuo, direi. David è una fonte inesauribile di idee e insieme ci rendiamo conto che l’ispirazione non sembra affievolirsi mai. Quindi, sì, abbiamo molta nuova musica, e credo proprio che il secondo album sia alle porte.
Bob: “Lullaby” di per sé non è indicativa di ciò che sarà il secondo album dei Nefesh Core, e mi riferisco non solo al sound ma anche alle atmosfere e ai testi. Come già detto è stato un omaggio e al tempo stesso una occasione di rivisitare un grande classico dandogli un tocco più “metal-oriented”. Posso dirti con certezza che l’anima dark e metal della band si sta confermando in modo sempre più deciso, pur mantenendo intatti gran parte degli elementi che ci hanno contraddistinto nell’album di esordio, che sento mio “musicalmente” anche se non ero ancora parte della band, allora.


04. Quali sono le band che vi hanno influenzato agli esordi e quali ancora hanno un certo peso per voi?
David: questa domanda tocca un elemento sempre piuttosto delicato. Soprattuto quando la risposta può spiazzare come in questo caso. Leggendo qua e la le valutazione di alcuni recensori o di altri “addetti ai lavori”, parlando dei Nefesh Core, si da per certo che vi siano bands fonte diretta di ispirazione: molti hanno sentito nel nostro lavoro echi di bands come i Paradise Lost, i Sentenced, e i Moonspell. Fermo restando che si tratta di band davvero formidabili, che hanno scritto e stanno scrivendo canzoni memorabili, in realtà personalmente posso dirti con certezza che non sono band che appartengono ai miei ascolti abituali, diciamo così. Altri hanno sentito influenze e richiami ai Depeche Mode e questo ha in effetti più senso, perché sono una band che come The Cure mi e ci hanno “musicalmente” attraversato. Io poi vengo dal metal tecnico o ipertecnico di bands come Annihilator, Megadeth o dello stesso Malmesteen (pur essendo io tastierista) o i Dream Theater dell’era “Kevin Moore”, nei Metatrone, assieme al buon The Ghigas, suoniamo power-prog metal da quasi vent’anni. Fanno inoltre parte del mio personale background compositivo, i Toto ad esempio. Mi appartiene il metal estremo dei fratelli Cavalera (Sepultura, Soulfly e Camera Conspiracy), per dire. E quindi come vedi c’è tutt’altro che dark metal nel miei “riferimenti”. Quello che scrivo non è mai riferito a qualcosa che sia direttamente indicativo di una influenza musicale. Lo sento originalmente mio. Sono gli altri che sentono l’influenza di questo e quell’altro artista, nelle nostre canzoni. Diciamo che solo qualche volta c’azzeccano!
The Ghigas: David ha praticamente detto tutto. I Nefesh Core sono un’espressione, secondo me, fortemente originale. Io dal mio canto, ho ancora meno legami con la dark music, e mi sento più vicino alla musica elettronica degli anni 70-80 che alla New Wave in senso stretto, alla quale sono legato più sul piano tecnico - compositivo piuttosto che “musicale” in senso lato. Inoltre sono cresciuto, come Bob, e lui può confermare, nel pieno dell’era del grunge. Alice In Chains e Soundgarden sono nelle mie “corde” più che i Paradise Lost che, pensa, sto scoprendo in questo periodo proprio grazie agli accostamenti che hanno fatto molti giornalisti, dopo aver ascoltato “Getaway”. Ricordo perfettamente quando da ragazzo uscì “Icon”, ricordo la sua iconica copertina, lessi qualche recensione sulle riviste cartacee di allora, ma non andai oltre. Era il 1993 e io ero preso dal black album dei Metallica, era da poco uscito Dirt degli Alice in Chains e Images and Words dei Dream Theater stava riscrivendo la storia del prog. I Sentenced, altra grande band, non li ho mai ascoltati e ho scoperto i Moonspell con il loro ultimo (bellissimo, peraltro) “Hermitage”. Quindi a onore del vero, anche io posso confermarti che il riscontro di una qualche influenza in Nefesh Core da parte di queste “dark” bands sta più nelle orecchie di chi ascolta che non nelle nostre. Ma va bene così.

05. Parliamo un po' di come nasce solitamente un vostro brano e in generale del processo compositivo e di registrazione.
Bob: E’ difficile trovare un ordine preciso di questo che è sempre un processo complesso, in bilico tra ragione e sentimento. I fattori che entrano in gioco sono sempre tanti. Un’idea, primitiva talvolta, oppure una melodia ed un giro armonico più strutturati, sono quasi sempre il punto di partenza e col senno di poi, credo che alla fine rappresentino la radice dell’identità stessa della canzone anche quando avrà raggiunto la sua forma finita e verrà fissata in studio. L’alchimia che si genera è difficile da spiegarsi. Come diceva The Ghigas, poco fa, David spesso dà inizio al processo portando una melodia, quasi sempre quella del ritornello, più o meno corredata da un riff di chitarra o da un giro di basso. Qualcuno ha scritto che nei Nefesh Core sono vincenti i ritornelli. E in effetti sono d’accordo anche io. Non è una cosa scontata e non è così facile riscontrarla in molte produzioni del genere. Ogni canzone dei Nefesh Core, la puoi suonare e cantare con voce e chitarra, e riesci sempre a identificarla perché ha un’anima ben precisa, ed è il suo ritornello. Credo sia una cosa necessaria oltreché appropriata che un buon songwriting sappia creare un “chorus” portante, piacevole da sentire e da cantare. L’attuale formazione, che vede me alla chitarre e Andrea alla batteria, sta mostrando un buon affiatamento non soltanto nella performance ma anche nel processo di scrittura. E se la canzone ha già una melodia ben precisa, è l’arrangiamento che fa la differenza ed è lì dove ognuno di noi riesce a dare il suo contributo.
The Ghigas: In genere ci vediamo nel mio studio e lì David ed io diamo inizio alle “danze”. Se la struttura funziona, ci vediamo in sala tutti insieme, rifiniamo, arrangiamo e qualche volte ricominciamo da capo mentre altre volte troviamo la quadratura del cerchio da subito. Non so se sentirmi “veterano” o “boomer” ma a conti fatti, nell’era della più selvaggia parcellizzazione dei rapporti e delle relazioni, dove si tende a stare insieme lo stretto necessario, per paura di non avere mai tempo o per timore di doversi confrontare con persone che possono avere altre idee o visioni del mondo e delle cose, noi proviano un certo piacere, un gusto retrò, nello stare insieme chiusi per due tre o quattro ore…
Andrea: Dal mio punto di vista, parlo da batterista, mi si è presentata l’opportunità di una nuova sfida, vista la mia particolare condizione ed il mio modo “alternativo” di suonare la batteria. Essere costretto a stare su una sedia a rotelle, mi ha portato ad un nuovo adattamento esecutivo sul mio strumento e questo adattamento, nei Nefesh Core, mi ha portato ed esplorare e a scoprire nuove prospettive e nuove soluzioni tecniche al mio drumming. Una cosa resa possibile proprio dal provare insieme, sfruttando tutto quello che la moderna tecnologia ci mette a disposizione senza abbandonare mai l’aspetto più analogico del suonare e del creare musica propria: vivere la musica “fisicamente”, qui ed ora!
David: Con Nefesh Core abbiamo riscoperto la bellezza di alcuni aspetti analogici del produrre musica. Registrare in studio, con microfoni veri, che impongono scelte precise che vanno fatte prima di riprendere ogni singolo strumento, fare i conti con il concetto di “irripetibilità” delle cose, ha un valore inestimabile, impone impegno, rispetto dei tempi, richiede idee chiare e capacità tecniche non indifferenti. Abbiamo riscoperto il bello dell’imperfezione, ci siamo riappropriati dei concetti di “tolleranza” e del potere ineguagliabile del “buona la prima”, del primo impatto, del suonare “di pancia”. Ci emozioniamo riascoltando la forza delle parole e del silenzio. Ad oggi tutte le nostre produzioni sono state realizzate con il contributo tecnico di Luigi Scuderi, sound engineer, bassista ed amante del rock, appassionato di electro music e New Wave, e pertanto conoscitore a pieno titolo del mood Nefesh Core, dei quali ha curato ogni mix.

06. In questi anni ci sono stati cambiamenti di line-up? Quali i più importanti?
David: I cambi di line up non sono mai eventi prevedibili. Tenendo conto che la band è “nata” ufficialmente nel 2018, da allora più di un musicista è entrato ed è poi uscito. Non so se sia una cosa inevitabile, o meno. So per certo che se accade, quando accade, c’è sempre un motivo, in particolare modo quando la band resiste all’evento e, come dire, va avanti. Ogni “spli” ha dietro molteplici spiegazioni, dove non sempre c’entra la musica in sé. Quindi non credo vi sia un cambio di lineup “ideale”. Quello che conta è che la band prosegua nel suo cammino: se questo accade vuol dire che nella band c’è una radice di fondo, qualcuno cioè che fa da garante per la sopravvivenza della band stessa, intesa come entità musicale. Quando un musicista va via, si porta via il proprio talento, ma la band si arricchisce del talento di chi poi si unisce nel suo cammino. L’ingresso di Bob prima e di Andrea poi, hanno mostrato che la band ha una sua identità precisa ed il loro contributo artistico, professionale ed umano, si riflette nelle canzoni che portano anche la loro firma.
The Ghigas: Le nostre canzoni, aggiungo, rappresentano la nostra eredità spirituale, sono il nostro testamento e al tempo stesso il diario della nostra stessa vita. Ecco perché, tra alti e bassi, credo di poter affermare che essere garanti di questa eredità significhi rispettare chi siamo e sia un dovere verso noi stessi difenderla in modo deciso e ragionevole. Spero che ogni musicista di questa band provi sempre lo stesso sentimento che provo io.

07. Cosa pensate che offrano i Nefesh Core di diverso in ambito dark/gothic rock e metal??
Andrea: Ascoltare Nefesh Core significa fare un viaggio, vivere una esperienza, partire da un ricordo per sconfinare in una visione surreale dell’esistenza. In molti ci chiedono cosa significhi “dark” per noi, cosa significhi “gothic”. L’idea che abbiamo del concetto di “dark/gothic music” risiede in questa precisa visione: gotico ed oscuro è il punto di vista privilegiato di chi sceglie di osservare solitariamente il mondo ed il tempo, per capirli più profondamente, è quella posizione che ci consente di vedere meglio i dettagli di ciò che è illuminato; oscura è la malinconia della soffitta di una casa abbandonata, l’angolo remoto dove, sotto una montagna di polvere e ricordi, possiamo trovare una foto che ci riporta la memoria di una gioia o di un dolore; oscuro e sordo è il battito cardiaco di un ciò che non vogliamo riconoscere di noi stessi, quell’aspetto di noi che non accettiamo, del quale ci vergogniamo, che abbiamo compreso troppo tardi, la malinconia di una scelta non fatta o di una rinuncia ora immotivata, ora inevitabile; oscura è la vita ai margini della società, il rifiuto ed il senso di smarrimento per essere abitanti di confine; oscuro è il cuore di un eroe che combatte i propri spettri. Questi elementi e tanto altro ancora vivono nelle nostre canzoni. Questa è l’anima gotica che permea le nostre composizioni.
The Ghigas: Personalmente ritengo che siano davvero pochi i generi musicali che nel metal hanno dato spazio da protagonista all’esistenza: il grunge e il gothic, appunto. Forse per questo non sono stati generi dedicati alle grandi masse. Tuttavia, proprio per l’elevata sensibilità che mettono in gioco, chi ama questi generi musicali e li ascolta nel profondo, sa cogliere questi significati che Andrea ha ben descritto. Esiste cioè un legato molto stretto tra musica e vita, nelle nostre canzoni, ed è un legame che si trova andando veramente verso il “Core” dell’esistenza stessa. E dark / gothic, non è solo malinconia, e meno che mai depressione: a volte è ironia e parodia della vita, è strappare una risata, anche se amara. Dark e gothic music, sanno essere poesia.

08. Parliamo un po' delle liriche che trattate di solito e del fatto che usate talvolta la lingua italiana.
David: Sulla scia di quarto detto da Andrea e The Ghigas, confermo che i testi dei Nefesh Core, rappresentano la chiave di lettura della nostra visione del dark e gothic metal. Gran parte dei nostri testi è in Inglese, ma come hai ben detto, ci siamo cimentati anche con l’italiano. Nello specifico la canzone di Francesco Renga, “Dove il mondo non c’è più”, ci è sembrata avere tutte le carte in regola per entrare nel nostro mood. Ha quel respiro gothic sia nel testo che nell’armonia generale che farla diventare “Nefesh Coriana” è stato piuttosto naturale. L’originale è di per sé una canzone stupenda. Credo che la nostra versione, il nostro “adattamento” l’abbia semplicemente resa affine alla nostra visione artistica. E, permettimi di aggiungere, è anche un omaggio ad un grande cantante italiano che stimiamo molto, fin dai tempi dei gloriosi Timoria.
The Ghigas: Ricordo bene quando David in studio iniziò a canticchiare il motivo di quella che sarebbe diventato lo special di Unearasble, pochi secondi in realtà all’interno di tutt’altra song. Abituato da anni a sentirlo “sbraitare” in growl nei Metatrone, gli dissi con una certa risolutezza (come di chi ha avuto una infallibile intuizione): “Senti ma perché non la canti per intero? Così, con la tua voce “pulita” e il tuo registro “basso?!”. La volta successiva iniziammo a buttare giù le prime note e le prime parole di “Another break to life”. Leggendo il testo David mi ha fatto vedere una chiara visione “cinematografica” di quella breve narrazione, che non avevamo ancora sperimentato mai a quel livello. Sentii che la forza descrittiva era grande e il testo suggeriva immagini ed atmosfere che basso e tastiere avevano il compito di delineare. “Scandal” aveva un testo metaforicamente spigoloso, e alcuni loop elettronici che abbiamo trovato hanno saputo tradurre in musica il disappunto che il testo mostrava. La formula era diventata vincente e di li a poco nacquero i Nefesh Core.

09. Cosa pensate della fruizione della musica di oggi? Siete a favore della digitalizzazione o pensate che abbia in qualche modo danneggiato la musica, e soprattutto le piccole band?
Bob: Se mi avessero detto a trent’anni che la musica e il suo business sarebbero diventati quello che sono oggi, non ci avrei creduto. E’ tutto totalmente sovvertito, come solo l’avvento di internet ha potuto fare. Oggi ascoltare musica è cambiato radicalmente e questo ha portato a cambiare radicalmente anche il modo di produrre musica. E’ uno strano mix di elementi positivi e negativi e fare un bilancio obiettivo è piuttosto difficile. Oggi si riesce a produrre buona musica anche con budget più limitati, si riesce a trovare un piccolo spazio sulle piattaforme di streaming con relativa facilità e questo significa “esserci”, e per certi aspetti è una cosa buona. Ma la proposta musicale è così diventata di proporzioni sconfinate, le etichette discografiche hanno dovuto riconvertirsi e diventare talvolta solo un catalogo di artisti, hanno (soprattutto le indipendenti di medio - grosso calibro) smesso di produrre e ormai anche di stampare copie fisiche dei cd dei propri artisti (c’è ancora qualcuno che compra cd?) . Gli ascoltatori a fronte di una proposta così grande si disorientato, consumano musica superficialmente, si sgretolano le fan base, e se aumentano le possibilità di farsi sentire, diventa sempre già difficile farsi spazio, e non sempre avere della buona musica, fatta bene, riesce a darti quella spinta in più.
Andrea: Il mondo della visibilità sui social media ha ridefinito le priorità sulle quali si decide il successo di un artista e accettare queste nuove regole non è facile. Non si tratta di essere a favore o contro il sistema. Il momento di esprimersi sull’adeguatezza o meno di questo sistema, e dei rischi per gli artisti ad esso legati, c’è stato. Alcuni grandi nomi si espressero chiaramente ma furono in pochi quelli che dissero di stare in guardia del sistema dello streaming. Oggi questa è una realtà consolidata e in gran parte condivisa, anche se a conti fatti penalizza gli artisti emergenti soprattuo sul piano economico (soffrono anche i grandi nomi per cui…). E’ tutto stravolto rispetto all’idea che avevamo da ragazzini.
David: Il music business ha subito un cambio epocale. La recente pandemia ha dato per certi versi il colpo di grazia ad alcune realtà. Ha reso complicatissimo organizzare un tour. Molti sono stati cancellati perché le proporzioni economiche tra spese e ricavi ha fatto desistere anche nomi blasonati. Alcune band che riempivano i palazzetti oggi faticano a riempire un music club. Di chi o da cosa dipende tanto riarrangiamento dello status quo? E’ troppo difficile rispondere in poche parole. L’aspetto più importante è anche in questi caso, resistere, trovare la forza di rimanere sulla cresta dell’onda, piccola o grande che sia, creare una squadra che punti in alto, dove la band sia coadiuvata da un team esperto di promozione come Rock on Agency che ci sta supportando alla grande e che salutiamo. Ritengo che se fai buona musica e hai le idee chiare, puoi riuscire a tenere alto il nome della tua identità di artista anche in tempi “ostili” come questi! Noi vogliamo continuare ad esserci e ci saremo, potete starne certi.

10. Ragazzi abbiamo finito, concludete come volete l'intervista!
The Ghigas: Grazie per questa lunga e piacevole chiacchierata, per averci invitato e per averci dato voce. Invitiamo te e tutti i lettori di HeavyMetalManiac a seguirci sui nostri spazi social, ad ascoltare la nostra musica sulle piattaforme di streaming. Ci vediamo dal vivo.
David: Grazie a nome mio e di tutta la band. Stay metal, stay dark!


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