SWEET SADNESS "To love And Not To Conquer" (Recensione)
(2025)
Il progetto Sweet Sadness nasce nel 2015 nella mente di Derevo, nom de plume di Enrico Venturi, con l’EP “To Grow... is to Kill”, che definisce un sound crudo, cinematografico e profondamente melodico, radicato nell’atmospheric e depressive black metal. Nel 2016 il progetto viene sviluppato con la pubblicazione di altri lavori brevi, l’EP Immoral Weakness e il doppio singolo Panta Rei, che insieme al primo EP vengono raccolti e pubblicati come full length in “Anthems: The First Three Chapters”. Durante il difficile periodo del lockdown dovuto alla pandemia e in seguito a gravi difficoltà personali, Derevo (che non si dichiara mai in pubblico e sui social si mostra sempre con una maschera da hockey stile Jason Vorhees) pubblica il primo album “The Chance to Reset and the Choice of Dying” nel 2022. Un lavoro concepito come una necessaria catarsi per liberarsi del dolore emotivo e controllare il tumulto interiore.
Il progetto si sviluppa nel 2023 con il più salvifico EP “As Failure Was Part of the Journey”: pur rimanendo saldamente ancorato al DSBM e al black metal atmosferico, sorprende con insolite sperimentazioni: ricorso all’autotune, texture strumentali e strati melodici contrastanti lasciano emergere immagini evocative e texture blackgaze/post-rock. Anticipato da due singoli, finalmente il 2 maggio 2025 esce questo nuovo lavoro di ampio respiro “To Love and not to Conquer”, che prosegue la ricerca musicale iniziata con il lavoro precedente. Nella scena atmosferica e depressiva del fai da te, le one-man band tendono a seguire due approcci principali: alcune lasciano piena libertà interpretativa all'ascoltatore, spesso evitando del tutto testi o strutture concettuali; altre mirano a trasmettere un messaggio e costruire una narrazione coerente attraverso il loro lavoro. Sweet Sadness vuole posizionarsi a metà strada, preservando l’ambiguità che definisce il genere e delineando al contempo un background concettuale che collega tutte e dieci le tracce dell’album come capitoli di una storia semplice ma significativa, ricca di sfumature simboliche.
Derevo cita influenze come “Cronache Marziane” di Ray Bradbury, saggi di critica sociale moderna e i film “Mia” e “Adolescence”. E proprio al feroce film di De Matteo si ispira la traccia d’apertura “Dear Mia”, una introduzione luminosa in cui una voce recintante femminile (non accreditata), cui presto si sovrappone il caratteristico scream di Derevo, racconta al proprio diario una storia di disistima e immaginazione. Mentre sfuma in un delicato arpeggio elettrico, senza soluzione di continuità esplode nel brano successivo, “The Big Grey”, in cui emerge prepotente l’anima black metal con tutti gli stilemi del genere: scream, chitarre ipersature e blast beats. Ma qui, come altrove, c’è sempre una luce in fondo che balugina nella cupezza, comunicando un misto di speranza e rassegnazione, sottolineate dal piano conclusivo. E un piano apre anche la successiva “Can I Have This Dance?” ma, quasi a sottolineare che la vita è solo illusione, subito lascia il passo ad una ritmica selvaggia. Un turbinio di emozioni come nella quotidianità adolescenziale, un racconto che Derevo riesce a trasmettere in maniera sublime. La lunga “More Than a Body” – pubblicata originariamente come singolo – contemplativa nella sua regolarità, lascia il passo a “Rose Gold Chain”, nella quale la tensione torna a salire. Un brano spigoloso aperto a diverse sensibilità sonore, quasi una minisuite; a metà brano fa capolino il grugnito di un maiale: un richiamo alla condizione umana?
L’album si ascolta sempre con grande trasporto emotivo, nella sua ricerca di soluzioni espressive che fondono le asperità del black metal con melodie luminose: un connubio in apparenza impossibile – ma quale connubio è perfetto? Ci si realizza sempre nella diversità. E i contrasti caratterizzano anche tutti i brani successivi: “Purify”, secondo singolo estratto dall’album, che fa da contraltare alla contenplativa “Beyond the Gate”. Chiude il lavoro “The Seed (Adolescence)”, ispirata alla nota serie TV, che in un ideale percorso circolare si ricollega all’introduzione: Mia ce l’ha fatta, ci aspetta “oltre il cancello”, come recita il verso conclusivo, in un tripudio di archi e fiati che si abbandonano ad un piano in allontanamento. Un finale da pelle d’oca. Tutti i testi, scritti in prima persona, creano un’atmosfera senza tempo ma insieme contemporanea: il ritratto di una società che, nella sua ossessione per la conquista e il controllo, glorifica la regressione personale anziché aspirare al progresso collettivo. Visione richiamata anche in alcune scelte nelle sonorità, ad esempio con il basso suonato tramite la 808 – un elemento fondamentale della musica elettronica – come metafora del mondo digitale in cui viviamo oggi. Dettagli che sottolineano l’ambizione del progetto: non solo esprimere emozioni, ma accendere l’immaginazione dell'ascoltatore.
Sulla pagina Bandcamp di Sweet Sadness l’album è presentato solo da una sequenza di 1 e 0, una sequenza in codice binario che interpretata si traduce nell’enigmatico messaggio “Part1:thegate part2:escape phase3:revolution begins”. Un mistero da risolvere, o l’ennesimo sberleffo dell’esistenza?
Recensione a cura di mu:d
Voto 85/100
Tracklist:
1. Dear Mia
2. The Big Grey
3. Can I Have This Dance?
4. More Than a Body
5. Rose Gold Chain
6. Not to Conquer
7. Another Planet
8. Purify
9. Beyond the Gate
10. The Seed (Adolescence)
1. Dear Mia
2. The Big Grey
3. Can I Have This Dance?
4. More Than a Body
5. Rose Gold Chain
6. Not to Conquer
7. Another Planet
8. Purify
9. Beyond the Gate
10. The Seed (Adolescence)
Line-up:
Derevo - Vocals, All instruments
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