SHARDANA - No Cadena, No Presoni, No Spada, No Lei
Full-length, Autoproduzione
(2014)
(2014)
Il vento ci porta le prime, commoventi e commosse note di "No Cadena, No Presoni, No Spada, No Lei", primo album, uscito a fine dicembre del 2014, dei cagliaritani Shardana, band Epic (ma dalle numerossime influenze: dal Thrash al Black, al Death) Metal nata ormai nel “lontano” 2008 e che prende nome e ispirazione da uno dei misteriosi Popoli del Mare che, nel II millennio a.C, misero a ferro e fuoco il Mediterraneo Orientale (provocando, tra le altre cose, la caduta dell’Impero Ittita e arrivando vicini a fare altrettanto con l’Egitto dei Faraoni…). Dopo l’iniziale struggimento acustico, l’intro si apre in un incedere cadenzato di pura potenza, orchestrato in modo semplice ma epico ed efficace, prima di cedere il passo a "Bardanas" (“Scorribande”, in Sardo Campidonese), atmosferico ed energico brano che alterna parti tipicamente Heavy-Epic, che ricordano (non troppo da vicino) i conterranei Holy Martyr, a passaggi più aggressivi, conditi da blast-beat e voci più graffiate del bassista-cantante Aaron Tolu.
Segue "Shardana" (Kadesh), mid-tempo che mette subito in chiaro la sua possanza, brano orecchiabile e ben riconoscibile grazie all’azzeccata linea melodica dell’accoppiata Fabrizio Pinna / Daniele Manca. La melodia non manca nemmeno nella più feroce "The Path of Snow", brano più aggressivo e ritmicamente marcato dal compatto e vario lavoro di Matteo Sullis dietro le pelli. Si aumenta ancora il ritmo con la successiva "Streams of Blood", traccia che non fatica a catturare, incalzando l’ascoltatore col suo martellare, le melodie belligeranti e la sua avanzata inarrestabile, dalla dinamica sapientemente variata, che rallenta e riparte più e più volte, un assalto all’arma bianca per logorare il nemico in attesa della titletrack, "No Cadena, No Presoni, No Spada, No Lei" (“Nessuna catena, nessuna prigione, nessuna spada, nessuna legge”). Come la precedente, anche questa canzone unisce violenza e melodia, velocità ed epica cadenza, ma ancora aggiunge le discrete tastiere che s’erano sentite nell’Intro, e dall’Intro vengono anche riesumate le chitarre acustiche, perfette per un intermezzo assolutamente evocativo.
Altrettanto evocativo, ma ancor più particolare, dal sapore decisamente antico, misterioso, è l’intro di "Me, the Wolf", brano che alterna con sottile malizia splendide parti acustiche arrangiate con l’ormai consueto, sapiente equilibrio, a fulminee rasoiate tappetate di doppio pedale.
Segue "Shardana" (Kadesh), mid-tempo che mette subito in chiaro la sua possanza, brano orecchiabile e ben riconoscibile grazie all’azzeccata linea melodica dell’accoppiata Fabrizio Pinna / Daniele Manca. La melodia non manca nemmeno nella più feroce "The Path of Snow", brano più aggressivo e ritmicamente marcato dal compatto e vario lavoro di Matteo Sullis dietro le pelli. Si aumenta ancora il ritmo con la successiva "Streams of Blood", traccia che non fatica a catturare, incalzando l’ascoltatore col suo martellare, le melodie belligeranti e la sua avanzata inarrestabile, dalla dinamica sapientemente variata, che rallenta e riparte più e più volte, un assalto all’arma bianca per logorare il nemico in attesa della titletrack, "No Cadena, No Presoni, No Spada, No Lei" (“Nessuna catena, nessuna prigione, nessuna spada, nessuna legge”). Come la precedente, anche questa canzone unisce violenza e melodia, velocità ed epica cadenza, ma ancora aggiunge le discrete tastiere che s’erano sentite nell’Intro, e dall’Intro vengono anche riesumate le chitarre acustiche, perfette per un intermezzo assolutamente evocativo.
Altrettanto evocativo, ma ancor più particolare, dal sapore decisamente antico, misterioso, è l’intro di "Me, the Wolf", brano che alterna con sottile malizia splendide parti acustiche arrangiate con l’ormai consueto, sapiente equilibrio, a fulminee rasoiate tappetate di doppio pedale.
Al numero 7 della tracklist, troviamo "Enemies came fron the Sea", drammatico brano mid-tempo con un vago accenno Amon Amarth nella prima parte, ma che si evolve, liberandosi e redimendosi dall’ingombrante nome degli svedesi, con furibondi blast-beat e un cambio di tempo massacrante, che riporta l’acceleratore ai livelli delle precedenti canzoni. I cambi di tempo sono anche il marchio di riconoscimento della successiva "Retribution for a King", brano che non teme di cambiare dinamica più e più volte: è un brano che però fatica a tenere il confronto con i compagni di disco, forse l’unico anello debole di questa catena altrimenti salda e compatta, che fa una decisa e bella mostra di sé.
Chiude la possente decina il lungo ed emozionante "Sa Sedda ‘e Su Diaulu" (“La Sella del Diavolo)”, altro pezzo nella madrelingua dei Nostri, che esordisce con pianoforte e il rumore del mare, brano dal sapore oscuro solo poco offuscato dalla scarsa espressività dello scream di Tolu, che invece dimostra di saper emozionare maggiormente con la voce pulita, supportato e affiancato dalla delicata chitarra di Manca, autore di un ispirato assolo che domina la fine pezzo e la marchia irrimediabilmente, prima di riconsegnare l’ascoltatore a piacevoli arpeggi acustici, cullati dai marosi che si infrangono sulla battigia…
Si tratta senza dubbio di un buon album, maturo e sicuro di sé, frutto del lavoro di musicisti capaci e con le idee chiare. Il gruppo gioca bene la carta della versatilità, muovendosi abilmente attraverso vari generi anche molto diversi tra loro, dando vita e respiro a un’opera dalla produzione eccellente, capace di valorizzare tutti gli strumenti in maniera più che adeguata. Un esordio più che promettente, dunque, per il quartetto sardo, impreziosito dall’uso di una lingua più che inusuale, in campo Metal, quella sarda, usata in quasi la metà dei pezzi cantati, dalle numerose e azzeccate atmosfere.
Recensione a cura di: Lorenzo Stelitano
Si tratta senza dubbio di un buon album, maturo e sicuro di sé, frutto del lavoro di musicisti capaci e con le idee chiare. Il gruppo gioca bene la carta della versatilità, muovendosi abilmente attraverso vari generi anche molto diversi tra loro, dando vita e respiro a un’opera dalla produzione eccellente, capace di valorizzare tutti gli strumenti in maniera più che adeguata. Un esordio più che promettente, dunque, per il quartetto sardo, impreziosito dall’uso di una lingua più che inusuale, in campo Metal, quella sarda, usata in quasi la metà dei pezzi cantati, dalle numerose e azzeccate atmosfere.
Recensione a cura di: Lorenzo Stelitano
Voto: 80/100
1. Intro 02:47
2. Bardanas 04:33
3. Shardana (Kadesh) 03:09
4. The Path of Snow 05:23
5. Streams of Blood 03:46
6. No Cadena, No Presoni, No Spada, No Lei 04:56
7. Me, the Wolf 06:42
8. Enemies Comes from the Sea 05:29
9. Retribution for a King 04:19
10. Sa Sedda 'e Su Diaulu 09:27
DURATA TOTALE: 50:31
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