Vuoi qui il tuo annuncio? Scrivi a: hmmzine@libero.it

TRONOS "Celestial Mechanics" (Recensione)


Full-length, Century Media Records
(2019)

Sinceramente pensavo di leggere in giro pareri molto migliori, al riguardo di questo lavoro. Che poi possa piacere o meno, é un dato di fatto, come é un dato di fatto che i due amiconi abbiano dato vita ad un progetto intelligente e ricco di suggestioni, davvero difficile da classificare ad un primo ascolto. O meglio, facile da classificare al primo ascolto, ma non al secondo, che "Walk among the dead things" inizia proprio come una Doom song, con quel riff cadenzato ed ipnotico, a metà strada tra Celtic Frost e Cathedral. Ma già l'uso di voci riverberate, le apparizioni quasi fantasmagoriche di nenie in sottofondo, l'esplodere di tastiere psichedeliche nella seconda metà ci mettono in guardia che no, non si tratta propriamente di Doom vero e proprio. 

Se un paragone preciso mi viene da farlo, direi di chiamare in causa gli australiani Alchemist ed il loro sapore spaziale - nel senso dei loro riferimenti allo space rock in salsa metallica - per il modo di curare gli arrangiamenti. Perché per i Tronos non è solo questione di azzeccare il riff giusto, di trovare la melodia ficcante, ma é soprattutto questione di creare una densità sonora di alta classe, in cui i vari strumenti ed input musicali si stratificano a creare un vero mare sonoro. Ed è impressionante come il tutto si mantenga pulito ed intelligibile all'ascolto senza aver fatto ricorso ai suoni iperplastificati tanto in voga oggi. Mi viene da pensare che sia merito di Russ Russell, molto meno noto del compare trottolino giramondo Shane Embury (con cui divide sforzi vocali e chitarristici) perché solitamente impegnato nell'attività di produttore sonoro, e che qui ha pure lavorato di fino con le tastiere. 

Il disco inizia con forti tinte doomish, dicevamo, ma col progredire dell'ascolto tende a spaziare un po', espandendo il suo già pronunciato eclettismo verso lidi più progressivi, con puntate verso l'industrial e qualche sfuriata black/death. Tanti i nomi coinvolti a dare una mano, tra cui Billy Gould, Troy Sanders e Dan Lilker (rigorosamente al basso) ed in un pezzo Snake dei Voivod - se non vi avevo accennato alla band canadese, trai possibili punti di riferimento stilistici dei Tronos, lo faccio ora. La voce femminile ed il violino sono invece di tale Erica Nockalls, una performer che ha una certa notorietà in ambiti musicali indie/folk. Ah, quasi dimenticavo: alla batteria troviamo Dirk Verbeuren, pare proprio come membro effettivo di questo side-project. 

Adesso, non vengo a dire che il disco funzioni al 100% in ogni frangente, e probabilmente aveva bisogno di essere asciugato un pochino, qui e lì. Ma riesce a centrare degli obiettivi per nulla semplici, ovvero quelli di coniugare ortodossia metallica con personalità e sperimentazione, senza risultare affatto la menata cervellotica di artisti annoiati. 
Ed in questo contesto, la stravolta (eppure così fedele) versione di "Johnny Blade" dei Black Sabbath é la perfetta firma in calce all'opera. 

Recensione a cura di: Fulvio Ermete
Voto: 77/100

Tracklist:
01. Walk Among The Dead Things
02. Judas Cradle
03. The Ancient Deceit
04. The Past Will Wither And Die
05. A Treaty With Reality
06. Voyeurs Of Nature’s Tragedies
07. Birth Womb
08. Premonition
09. Beyond The Stream Of Conciousness
10. Johnny Blade (BLACK SABBATH cover)

WEBLINKS:

Nessun commento