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BODY HARVEST "Parasitic Slavery" (Recensione)


Full-length, Comatose Music 
(2019)

Non pensavo che il Regno Unito potesse ancora regalarci queste piacevoli sorprese. In realtà non si tratta del loro debutto, quello ha avuto luogo cinque anni fa, ma da allora metà formazione è stata rinnovata ed è giusto parlare e pensare ad una vera e propria rinascita. 

I Body Harvest suonano brutal death metal. Niente di più, niente di meno, niente di diverso: non si tratta nemmeno dello slam brutal, di quella forma iper-polarizzata di death che tanto ha preso piede negli ultimi anni: coerentemente la loro etichetta li paragona, trai tanti, anche ai Krisiun, il che è un buon termine di paragone per iniziare a farci un'idea di loro, perché la veemenza che li sospinge dal primo all'ultimo bicordo è proprio quella – i quattro musicisti vogliono essere parossistici dall'inizio alla fine, ed anche se chiaramente abbiamo cambi di tempo messi qua e là, si tratta sempre di brevi momenti di quiete in una tempesta – o meglio un uragano – che non cessa davvero mai. 
Nella loro opera di distruzione sono aiutato non poco da una produzione davvero perfetta, che ricrea quell'effetto grattugia che tanto abbiamo amato nei primi anni novanta, senza nulla togliere alla intelligibilità delle composizioni. Questo è importante, perché comunque i Body Harvest, al netto della loro ferocia, hanno un modo di comporre intelligente ed abile, non mancando parti più atmosferiche, qualche effetto sonoro industriale, diversi lick anche abbastanza melodici: insomma, il piatto che ci propinano sarà anche una ricetta tradizionale, ma cucinata con quel tocco di sapienza che si trova solo nelle mani più esperte. 

Insomma, non sono dei meri schiavi del palm-muting e del tremolo-picking, il loro batterista non sa solo dedicarsi al blast-beat; queste sono le scelte interpretative principali, ma ad ogni ascolto si aggiungono sempre dettagli nuovi, piccole chicche compositive che normalmente non ti aspetti da una band così intenzionalmente dedita alla pura devastazione. 
Certo, non penso si possa paragonarli alle cose migliori che il genere ha saputo regalarci negli anni d'oro, però questo “Parasitic Slavery” rappresenta perfettamente la crema del metallo estremo nell'anno di grazia 2019. E forse è anche un segno dei tempi che le cose migliori, nel genere, ce le sappiano regalare proprio le etichette indipendenti, lontane da un certo odore di plastica.

Recensione a cura di Fulvio Ermete
Voto: 75/100

Tracklist:

1. The Wrath of Ra 00:51 instrumental
2. Global Decimation 04:20
3. Hierarchy of Grief 04:19
4. Consumed by Tyrants 04:24
5. Narcissistic Being 04:14
6. Parasitic Slavery 04:45
7. The Prophet 03:07
8. The Endless Ascent 03:14
9. Darkness Descends 04:51
10. Apocalyptic Abomination 04:05

DURATA TOTALE: 38:10

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