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INTERNAL ROT "Grieving Birth" (Recensione)


Full-length, Iron Lung Records 
(2020)

Avrei potuto scrivere questa recensione diversi giorni fa, ma ho cercato inutilmente di scoprire una cosa: che minchia c'ĆØ sulla copertina? Non so da dove venga, quell'immagine di una ragazza dallo sguardo malinconico, ma ĆØ sicuramente una delle copertine piĆ¹ belle che abbia visto da un po' di tempo a questa parte: in tandem con il titolo, suggerisce un'idea di dolore femminile che manco l'ennesima brutta copia delle copertine dei Cannibal Corpse riesce a fare. 

CiĆ² detto, il trio australiano si dedica anima e corpo ad una forma d'arte molto semplice e diretta: il grindcore. Non c'ĆØ niente che vada fuori dal seminato, niente di sperimentale od azzardato, ĆØ proprio quello, niente piĆ¹ e niente meno. Ma fatto come cristo comanda. Era davvero dai tempi degli Insect Warfare che non sentivo un album grind fatto tanto bene, per cosƬ dire paradigmatico di quello che il genere dovrebbe essere. Gli Internal Rot hanno un approccio magari una nticchia piĆ¹ core che death, rispetto alla band a stelle e strisce, ma non sono tanto da meno in termini di qualitĆ . 

QualitĆ  anche sonora: la registrazione ĆØ sporca e slabbrata, ma non approssimativa (scuola Repulsion) ci restituisce la cieca violenza dei blast beat e dei riff di matrice crust in tutta la loro naturale causticitĆ . Gli Internal Rot di “Grieving Birth” sanno ricreare perfettamente l'effetto frullatore che ha da sempre fatto la fortuna del genere: cambi di tempo, accelerazioni, ripartenze, sempre a mille e sempre con quell'istinto omicida che solo caratterizza solo i grandi. Anche il riffing ĆØ davvero variegato: il fatto che non aggiungano niente non significa che non sappiano esplorare fino in fondo ogni possibilitĆ  insita di un genere che, in fondo, ĆØ bastardo per definizione. 

C'ĆØ poco altro da dire o da aggiungere: i tre australiani non hanno un bassista in formazione, un po' mi dispiace, ma ammetto che manco l'avevo capito senza leggere i crediti, per cui ritengo che non sia una grossa pecca. 

Recensione a cura di Fulvio Ermete
Voto: 78/100

Tracklist:
1. Transmission
2. Unnegotiable Impact
3. Grim Magnetic
4. Agonesiac
5. Harpooned
6. Chronic Bedlam
7. Eaten by Crabs
8. Failed Organum
9. Pantomath
10. Arroyo
11. Orbiting Flesh
12. Grieving Birth
13. Judas Chair
14. Axelrod's Revenge
15. Sensitive Cop
16. Melted Cosmos
17. Aporia
18. Gorge on Abuse
19. Reprobated Embryo
20. Deep Pleasure
21. Fermented Mess
22. Dolor

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