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KREATOR "Hate Über Alles" (Recensione)


Full-length, Nuclear Blast 
(2022)

Il ritorno in grande stile di una delle formazioni storiche del thrash metal teutonico rappresenta senza dubbio una delle novità più interessanti per gli appassionati del genere, chiamati all'ascolto dell'ennesima pagina di violenza e blasfemia di una carriera ormai quasi quarantennale che non sembra assolutamente sulla via del tramonto. Stiamo parlando ovviamente della compagine di Essen che risponde al nome di Kreator e della sua ultima fatica "Hate Über Alles", appena uscita sotto la Nuclear Blast; l'album, il quattordicesimo della band tedesca, arriva a cinque anni di distanza dal precedente "Gods of Violence" per siglare un altro capitolo di una storia intrisa di ferocia e di melodia, in uno stile ibrido tra thrash/death ed heavy metal che rappresenta il marchio di fabbrica del quartetto da ormai una ventina d'anni. Del resto la strada che Mille Petrozza e Jurgen Ventor hanno intrapreso a partire dall'album della rinascita "Violent Revolution" con l'ingresso alla chitarra di Sami Yli-Sirnio è abbastanza chiara, in netto contrasto con le loro origini grezze e brutali all'insegna del black/thrash e sempre più votata alla melodia, pur senza rinunciare alla durezza che da sempre ne costituisce il segno distintivo.

"Hate Über Alles" si compone di undici tracce comprensive di intro per un totale di oltre quarantasei minuti in cui violenza e armonia, tecnica ed epicità si fondono a creare una versione moderna e virtuosa di thrash metal made in Germany, ancorato alla velocità di un tempo ma che non disdegna una buona dose di armonia non certo banale nè eccessiva. Il lavoro, che battezza il nuovo bassista Frédéric Leclercq, prosegue il percorso di evoluzione intrapreso dal capolavoro "Enemy of God" e che a livello compositivo sembra ritrovare in "Phantom Antichrist" l'ultimo apice qualitativo, non replicato nè dal suo successore nè, se non in maniera approssimativa, da questo nuovo lavoro sulla lunga distanza, stilisticamente troppo legato ai suoi predecessori e non in grado di distinguersi da essi per particolari soluzioni innovative.

L'album si apre con la maestosa introduzione sinfonica dalle eco folk cavalleresche "Sergio Corbucci is Dead", dedicata all'omonimo regista romano di spaghetti western, dopodichè si comincia a far sul serio con la superba title-track, inno di ribellione e di denuncia sociale in puro stile Kreator, schiuso da un urlo atroce di Petrozza e dalla batteria devastante di Ventor, seguite da un riff tecnico e serrato di ottima fattura; il refrain presenta eco epiche che rimandano ad altri lavori post-duemila della band e anticipa una seconda parte di assoli tecnici affilati e repentini di altissimo bagaglio tecnico. La successiva "Killer of Jesus" prosegue sulla stessa linea di violenza sonora, interrotta subito dopo dalla ben più ragionata "Crush the Tyrants", di matrice heavy/doom e dal riffing lento e melodico, mentre "Stronger of the Strong" accelera nuovamente il ritmo verso un thrash/death serrato condito da un inciso orecchiabile e da un finale epico e travolgente, che termina la prima metà dell'opera.

A seguire troviamo l'autobiografica "Become Immortal", ispirata agli esordi della band, aperta da un riff melodico e con una ritmica in mid-tempo incalzante ma degna di nota soprattutto per l'intermezzo in arpeggio di basso in un crescendo epico/sinfonico ad alta componente melodica, mentre la martellante "Conquer and Destroy" fa la voce grossa ed alza di nuovo il livello, travolgendo l'ascoltatore con linee di chitarra taglienti e refrain dai toni tragici, assoli affilati e con un finale corale maestoso di notevole epicità. "Midnight Sun", cronaca di un oscuro rituale sacrificale di iniziazione, è un brano assai controverso e sorprendente grazie alla partecipazione della cantate pop tedesca Sofia Portanet, la cui voce soave e onirica a dire il vero ben si adagia sulla violenza death/thrash del brano, fondendosi nell'orecchiabile refrain a quella sporca di Petrozza. Il lavoro si chiude con la lunga e malinconica "Dying Planet", denuncia morale delle atrocità dell'uomo contro la natura e il mondo che porteranno ad un'inevitabile Apocalisse: si tratta di un brano lento e ragionato di matrice heavy/doom, dalle armonie lugubri e sinistre che si aprono ad una sorpendente accelerazione black/thrash dal riffing oscuro e serrato, prima di un conclusivo passaggio semi-acustico malinconico e struggente.

"Hate Über Alles" è un album che si colloca perfettamente sul livello sonoro e stilistico degli ultimi lavori dei Kreator, ai quali ben poco aggiunge e che osa solo nella ricerca sporadica di melodie raffinate e passaggi delicati, senza tuttavia mai snaturarsi: il quartetto di Essen dà qui conferma della sua inarrestata capacità di picchiare duro nonostante gli anni, ricorrendo a tratti a soluzioni più ricercate che non mutano la sostanza del proprio sound. La batteria di Ventor detta i tempi con ferocia e veemenza, fondendosi con le chitarre affilate e spesso melodiche di Mille e Sami, mentre il basso di Leclercq riesce a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto. Non siamo di fronte ad un lavoro memorabile, nulla che possa competere con "Enemy of God" e col più recente "Phantom Antichrist", tanto per non scomodare capolavori più datati, ma dopo trentotto anni di attività i Kreator non sembrano avere l'intenzione di smettere di partorire quel caos musicale e infernale di cui si sono sempre resi dei fieri ambasciatori.

Recensione a cura di Alessandro Pineschi.
Voto: 76/100

Tracklist:

1. Sergio Corbucci Is Dead 
2. Hate über alles 
3. Killer of Jesus 
4. Crush the Tyrants 
5. Strongest of the Strong 
6. Become Immortal 
7. Conquer and Destroy
8. Midnight Sun 
9. Demonic Future 
10. Pride Comes Before the Fall
11. Dying Planet

Line-up:
Ventor - Drums
Mille Petrozza - Vocals, Guitars
Sami Yli-Sirniö - Guitars
Frédéric Leclercq - Bass

Web:
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