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SILENCE IS SPOKEN: grunge, esoterismo e spiritualità (Intervista)


I Silence Is Spoken sono una formazione attiva già da diversi anni e propone un alternative rock/metal che ci riporta indietro di circa trent'anni, quando il mondo della musica dura veniva rivoluzionato dalla cosiddetta scena di Seattle (e suoi discepoli) e in cui tante band con coraggio e genio proponevano qualcosa di nuovo, come ad esempio fecero Stone Temple Pilots, Nirvana, Tool, Soundgarden e molti altri. Il loro ultimo album, "11" sul nosttro sito ha ottenuto un punteggio di 80/100 e potete trovarne la recensione QUI. A voi le parole di Alessandro Curradi, (founder, bass, piano, synth). Buona lettura!

1) Ciao ragazzi e benvenuti su Heavymetalmaniac.it. Vogliamo parlare nel dettaglio del concept lirico di "11"?
Ciao, innanzitutto grazie per l’invito, siamo onoratissimi di poter rispondere alle vostre domande. “11” è nato in un periodo storico particolare un po' per tutti se ci pensiamo bene. Lo sviluppo delle liriche è avvenuto fra il 2017 ed il 2019, anni che, visti con gli occhi di adesso, appaiono spensierati dati gli accadimenti dal 2020 ad oggi. Nonostante ciò, si respirava, si avvertiva sottopelle un qualcosa di imminente, sarebbe bastato anche solo guardarsi intorno negli ultimi venti anni per capire la direzione nella quale stiamo andando. Se ci si fosse posti in ascolto si sarebbe potuto sentire una sorta di eco lontano di un malessere diffuso (che raccontiamo in "Game Over" e "1984"), un modo distorto di concepire i propri bisogni primari ("A good God"), una tendenza alla spersonalizzazione sempre più marcata (“3Lateral Kingdom” e “Mud, worms, bones”), un disequilibrio fra l’essere umano e l’ambiente nel quale vive ("1000 Petaled lotus"), una conflittualità constante più o meno indotta ("War abc song" e "Genesis 19/24"). Le liriche provengono da riflessioni più o meno lucide, spesso un’immagine appare mentre sei sovrappensiero, alcune volte una canzone completa il senso della precedente o ne dà una visione differente, da un altro punto di vista. Il concept non era previsto, ci siamo accorti della linea di congiunzione dopo il primo ascolto di "Genesis 19/24", la distruzione di Sodoma e Gomorra, ultima canzone dell’album ed ultima ad aver visto la luce, l’allegoria, il monito incompreso, il ponte che univa tutte le altre canzoni si è palesato sottoforma del numero 11. Considerato come il primo numero maestro, l’11 porta con sé un messaggio di forte cambiamento in seguito ad una maturazione, all’utilizzo consapevole di una grande forza. L’11 rappresenta la via ed il traguardo. Rappresenta l’età dell’acquario quella nella quale siamo entrati esattamente 11 anni fa alla data di uscita del disco l’11/11/22. Quindi per quanto ad un primo approccio possa sembrare un album a chiaro stampo pessimistico, il concetto di forza indirizzata al cambiamento lo si può trovare in ogni canzone, spesso è mascherato con tratti cangianti, il simbolismo la fa da padrone e le possibilità di interpretazione sono molteplici e a portata di mano per l’ascoltatore.

2) Il vostro sound ha molto in comune con la scena grunge e alternative degli anni Novanta a mio avviso. Cosa trovate di ancora così affascinante in quel sound e che influenza ha su di voi sia a livello attitudinale che musicale?
Credo che il sound degli anni 90, in genere, sia stato qualcosa di veramente straordinario, paragonabile, a mio avviso, solo alla scena musicale degli anni 70. Chi come noi è cresciuto musicalmente in quel periodo, ogni giorno era letteralmente inondato da veri e propri capolavori in ambito rock, cross over ed ovviamente grunge. Per fare un esempio, nel 1990 nello stesso giorno furono pubblicati "Facelift" degli Alice in Chains e "Ritual de lo Habitual" dei Jane’s Addiction e l’anno successivo, sempre nello stesso giorno, "Nevermind", "Badmotorfinger" e "Blood Sugar Sex Magik". Basterebbe citare questi avvenimenti per rivivere la magia di quel periodo. Gli anni dei Rage Against The Machine, dei Tool, dei Soundgarden, degli Alice in Chains, solo per citare alcuni mostri sacri, non possono non toccare l’anima di un musicista. Indubbiamente proprio il grunge ha avuto un’influenza su tutti noi componenti dei Silence che si riverbera in modo del tutto naturale e spontaneo in tutto quello che nasce all’interno del nostro progetto. Rispondendo in modo più dettagliato alla tua domanda, quel che trovo di affascinante in questo stile musicale è il mix magico che si veniva a creare nei gruppi di quell’epoca: tempi spesso dispari, riff rotondi e profondi delle chitarre, linee di basso semplici, granitiche e ripetitive, voci laceranti di cantanti come Chris Cornell, Scott Weiland o Layne Staley che hanno dato alla luce testi di una profondità e disperazione di rara intensità. Insomma, tutto ciò lo abbiamo assorbito a tal punto che è facile cogliere nella nostra musica dei riferimenti a quei meravigliosi anni.

3) Parliamo del processo compositivo del vostro nuovo album?
Questo ultimo album è stato un processo che ha richiesto un tempo di lavorazione piuttosto lungo. Non tanto per la creazione dei brani (siamo sempre stati piuttosto veloci a realizzare nuovi pezzi), quanto per varie vicissitudini all’interno della band che hanno rallentato un po’ la finalizzazione del lavoro. Dal 2015, periodo in cui abbiamo iniziato a lavorare ad alcuni pezzi presenti nell’album “11”, è arrivato Samuele alla voce in sostituzione di Darren ed abbiamo cambiato chitarrista con l’attuale Maurizio, mentre Lorenzo Panchetti, batterista e co-fondatore della band, si è preso qualche anno di pausa per fare altre esperienze musicali in UK prima di rientrare alla base. A proposito, ringraziamo tutti i musicisti che hanno contribuito al progetto e in particolare Lorenzo Orsi, anch’egli batterista, che ha dato un grande contributo alla band nel periodo 2018-2021. All’interno della famiglia Silence, come ci piace definirla da sempre, i brani nascono generalmente dalla parte ritmica, quindi da un riff di basso e da un pattern di batteria. Si crea così la struttura “grezza” che poi viene completata e “colorata” dalle chitarre (che in genere almeno nelle parti più hard ricalcano esattamente le linee del basso creando un muro di suono), dalle voci, dai synth o dal piano, seguendo un processo molto legato al sentire di ciascuno di noi. In genere, funziona quasi sempre alla prima; non siamo mai stati dei fanatici del perfezionismo, o meglio sarebbe dire del tecnicismo fine a se stesso. Vogliamo che la nostra musica rifletta esattamente chi siamo e per far questo bisogna che il processo creativo segua l’anima e non sia costruito a tavolino. La musica, per me, non può prescindere da questo, è pura magia che ha bisogno dell’anima per esprimersi. Inoltre, siamo tutti musicisti molto sensibili alla ricerca dei suoni e non guasta il fatto che molti di noi siano polistrumentisti, ci aiuta ad avere un visione d’insieme e una sorta di osservazione esterna che in qualche modo funge da guida. In merito poi alla produzione, dobbiamo un plauso anche ad Andrea Dell’Olio e Furio Lanciano dello studio Soundscape di Firenze per lo straordinario lavoro condiviso in studio.


4) La copertina di "11" è davvero molto bella ma allo stesso tempo un po' criptica. Ne vogliamo parlare?
È l’immagine di un cervello congelato. Una foto molto particolare fatta da Leonardo Pasquinelli di Officine Fotografiche. All’interno del booklet del disco ci sono altre immagini piuttosto forti riprese dallo stesso set, ci innamorammo subito appena le vedemmo. Un congelamento come ogni cosa può essere visto in più modi, puoi pensare che l’immagine rappresenti un congelamento in forma statica, perdurante, oppure puoi pensare che sia un istante di un processo che va verso il congelamento o verso lo scongelamento, sta a chi guarda, a chi ascolta, trovare la chiave di lettura per capire dove posizionare l’asse dei tempi in questo processo. Il momento storico che stiamo attraversando fa da sfondo a tutto questo. Ciascuno di noi può dare la propria interpretazione e trarre le proprie conclusioni. A me sembra un messaggio piuttosto chiaro che riflette il pensiero della band.

5) Siete già in giro da parecchi anni e avete già pubblicato un buon numero di album, quindi volevo chiedervi: come vedete la scena alternative rock italiana? E a livello internazionale?
Non è semplice dare un giudizio su questo. Sarò sincero, in Italia non vedo un grande movimento in questo senso, purtroppo, come sappiamo vengono premiate più le cover band che non gruppi che propongono musica propria, magari anche molto validi (e ce ne sono molti anche da noi). Diciamo che il terreno nel nostro paese non sembra essere molto fertile per far germogliare e poi valorizzare progetti che, secondo me, meriterebbero maggiore visibilità. Potrei fare decine di nomi di band lontane dal mainstream che varrebbe la pena di conoscere. A livello internazionale, sembra sicuramente meglio che in Italia. Resta però il fatto che, per assistere ancora a concerti di vero spessore o ascoltare prodotti di un certo livello, si deve spesso ricorrere ancora ai grandi “vecchi” della scena rock. E visto che abbiamo parlato degli anni 90, mi pare si sia un po’ lontani da quel tipo di energia esplosiva che si respirava allora. Ci sarebbe anche da dire che ciascuno di noi può, nel suo piccolo, cambiare questo scenario sostenendo le band emergenti che meritano e mi auguro che qualcosa possa cambiare nel prossimo futuro.

6) Pensate che ripeterete l'esperienza del concept album in futuro? E credete che le vostre liriche subiranno una variazione, in generale?
Questo è molto probabile. La band, per la verità, aveva già fatto un concept album, il secondo, uscito nel 2012. Siamo un gruppo di persone impegnate a livello di ricerca spirituale, quasi tutti noi abbiamo una sensibilità rispetto a temi di natura esoterica, dunque, un certo tipo di approccio è facile che porti a sviluppare tematiche che riguardano la parte introspettiva e nascosta della natura umana, andando di fatto a creare quei concept presenti, appunto, già in due dei nostri album. Tutto questo senza tralasciare i testi che potremmo definire di denuncia verso un sistema distopico (come in 3Lateral Kingdom) che, a mio avviso, non può non essere osservato in ogni minimo dettaglio di questa attuale società.

7) State già pensando ad un nuovo album? E come pensate si evolverà il vostro sound in futuro?
Stiamo già lavorando a nuovi brani. Ritengo che il sound possa evolversi in qualche modo verso sonorità ancora più ipnotiche, psichedeliche ed atmosfere rarefatte. Tutto però sempre ben basato su una parte ritmica molto solida. Di sicuro cercheremo di non far mancare nei nostri futuri brani il “tiro” che ci è sempre stato riconosciuto.

8) A voi le ultime parole. Un saluto.
Come ci piace dire, riprendendo un titolo di Gil Scott-Heron “The revolution will not be televised”. Ascoltate il nostro disco e se non ci conoscete è il momento di rimediare! Grazie per averci invitato.


Intervista a cura di Marco Landi


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