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CIRITH GORGOR "Onwards to the Spectral Defile" (Recensione)


Full-length, Osmose Productions
(1999)

Torniamo a quei lavori sostanziali, davvero imprescindibili, che affollavano una scena Black Metal internazionale davvero prolifica, quando non c’era ancora quell’inflazione che avrebbe ridotto tutto ad un ammasso grigio, più che nero, di band tutte simili fra di loro, quando non proprio in odor di parodia involontaria: dopo il 2000 le cose si metteranno non proprio benissimo per la credibilità del genere, ma qui siamo ancora al limite massimo prima del precipizio, sull’orlo del burrone: abbiamo ancora il nostro equilibrio e le spinte verso il baratro, a suon di marketing e caricature varie, sono ancora in là da venire. Dall’Olanda, ecco questi Cirith Gorgor, che nel 1999 pubblicano il loro esordio, ovvero “Onwards to the Spectral Defile”, che è un monumento del Black Metal epico e pagano come pochi altri.

La produzione è potente, d’impatto: i suoni sono corposi e robusti, senza sembrare troppo compressi o raffinati, anzi! Come sempre, nei dischi che contano e che rimangono memorabili nel tempo, abbiamo un assalto di melodie tutte perfette ed inserite ad hoc in un contesto che rimane, sempre e comunque, estremo e feroce. Tematiche pagane o fantasy, come il nome della band lascia intendere, affrontate con serietà, lontani dalle barzellette odierne che trattano di queste cose con fare ridanciano, in nome di un’eterna baldoria sotto sbronza. Qui tutto era dannatamente serio, sentito, e non c’era tempo per divertirsi: c’era solo da impugnare la spada e buttarsi nella battaglia! Che bei tempi, vi dirò: quando il Metal non era ancora un darsi ai bagordi! Riffing preciso, blast-beat a pioggia, pur se un po’ ripetitivi nella scrittura dei pattern ritmici, momenti di grande epicità, screaming vocals rabbiose, stridule, ma sempre a fuoco, con una solida tessitura vocale anche nei momenti più isterici. Ci sono perfino dei cori, delle sezioni che potremmo quasi inquadrare come dei ritornelli, per un coinvolgimento immediato e trascinante, ma mai, mai ruffiano o banale. Una durata perfetta, di 42 minuti che non temono flessioni o perdite d’intensità: uno scontro all’arma bianca dall’inizio alla fine, e tutto disciplinato e perfettamente sotto controllo grazie a una perizia compositiva notevole; non servono virtuosismi o chissà quali soluzioni esotiche: si va dritti al punto, trafiggendo l’avversario (e l’ascoltatore) in profondità!

Il discorso sarebbe continuato nel successivo “Unveiling the Essence”, in cui la qualità dei brani rimarrà sostanzialmente invariata, ma la produzione retrocederà un minimo, verso sonorità più grezze e con dei suoni delle percussioni di batteria molto peggiori. Rimane, anche quello, un lavoro degno della massima considerazione, perché è, a suo modo, un altro classico del Black Metal epico e melodico, con una sfilza di riff marchiati a fuoco nella storia del genere. Non nascondo la mia predilezione per questo interpretazione del Black Metal, che sa unire tutta la ferocia e l’incessante velocità di esecuzione (pur se un po’ imprecisa!) ad una voluta e ricercata (e trovata!) riconoscibilità melodica.

Recensione a cura di Luke Vincent
95 /100

Tracklist:
1. The Declaration of Our Neverending War 
2. Winter Embraces Lands Beyond 
3. Through Burning Wastelands 
4. Sons of the New Dawn 
5. A Hymn to the Children of Heimdall / Darkness Returns 
6. Wandering Cirith Gorgor 
7. Ephel Duath (A Warrior's Tale) 
8. Shadows over Isengard 
9. Thorns of Oblivion

Line-up:
Levithmong - Drums
Lord Mystic - Bass
Nimroth - Vocals
Astaroth Daemonum - Guitars
Asmoday - Guitars

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