Intervista: DRAMANDUHR


Dramanduhr rifugge tanti degli stereotipi che trattiamo su questo portale: si dichiara estraneo al mondo metal, inventa una lingua tutta sua, propone uno stile difficilmente classificabile. Andiamo a scoprire meglio questo progetto attraverso le parole del suo creatore, il polistrumentista Stefano Eliamo!
PS: trovate la recensione del suo ultimo album, "Vertuhn", QUI.

1. Ciao e benvenuto su Heavymetalmaniac.it. Partiamo parlando in generale di “Vertuhn” e della sua genesi.
Verthun è il secondo capitolo di una probabile trilogia che per adesso identifico come “La trilogia del vulcano”. Ma rispetto all’album d’esordio, questo porta un respiro completamente diverso: se il primo era l’alba di un mondo e rappresentava una terra che tremava, Vertuhn invece è il crepuscolo dell’anima, è notturno e più mistico, la struttura diventa più articolata, gli arrangiamenti piú complessi ma lo spirito resta quello: evocare un’energia che viene dalle profonde viscere. Tutti i dieci brani sono stati scritti e pensati come un’evoluzione di Tramohr o come un’emancipazione da esso. Volevo scrivere qualcosa che potesse aggiungere aspetti che l’album precedente non aveva toccato.

2. Come hai visto cambiare la nostra scena metal in questi anni?
Da osservatore esterno (perché non mi considero un artista metal nel senso classico) ho visto una scena che ha saputo evolversi, contaminarsi, ma anche frammentarsi molto. Credo che oggi il pubblico metal sia ancora tra i più curiosi, esigenti, fedeli e amanti del collezionismo, ma a volte vedo il rischio che l’identità si cristallizzi. Personalmente, quello che trovo più interessante è il punto in cui il metal si apre al mistico. In quel territorio sento che può ancora nascere qualcosa di profondamente originale.

3. Quali sono le band che ti influenzano e hanno avuto un peso per il tuo sound?
Le mie influenze non seguono un asse angloamericano ma Europeo e talvolta anche arabo. Dalla Germania mi porto dentro la potenza ossessiva e monumentale dei Rammstein, quel loro modo di creare un suono che ti travolge e dalla Norvegia la sensibilità melodica degli HIM, e in generale quell’estetica nord-europea dei primi Duemila, capace di fondere oscurità e romanticismo. Tuttavia, credo che la vera anima di Dramanduhr affondi nel Sud: nella voce della Sicilia, nelle armonie arabe, nel flamenco andaluso, nella malinconia e nella filosofia mediterranea. Sono stati gli ascoltatori ad avermelo fatto notare, ho scoperto che stavo scrivendo qualcosa che mi apparteneva più di quanto pensassi. Dramanduhr è figlio dello stesso mare in cui navigava Ulisse: il Mediterraneo mitico, quello degli dèi dimenticati e delle lingue perdute.

4. Parliamo un po’ di come nasce solitamente un tuo brano e in generale del processo compositivo e di registrazione.
Di solito tutto parte da un’immagine, un suono, una visione. Non scrivo musica per raccontare qualcosa, ma per evocare. A volte inizio da un suono grezzo di percussione, altre volte da una melodia in voce glossolalica che mi arriva quasi in stato meditativo. Il processo è molto istintivo, ma allo stesso tempo minuzioso: registro, stratifico, riscrivo, abbandono, ritorno, attendo, registro e così via fin quando ho ciò che voglio, fino a quando il brano non sembra più mio, ma qualcosa che si è formato da solo. Dramanduhr è un progetto da studio, profondamente artigianale, dove ogni suono ha un ruolo nel costruire un rito sonoro.


5. Cosa pensi di offrire di diverso e/o particolare in ambito metal?
Credo di offrire un ritorno al simbolico, al mitico, a un’idea di musica che non sia solo racconto o sfogo, ma rito sonoro. Non faccio metal tradizionale, ma porto elementi rituali, glossolalici, mediterranei in una forma che può parlare anche a chi ama l’oscurità, la profondità e il senso di viaggio interiore. In un panorama spesso dominato dalla narrazione personale, Dramanduhr si propone come arte impersonale, archetipica, che mira a risvegliare qualcosa di atavico.

6. Hai in programma un tour di supporto a “Vertuhn”?
Al momento no. Dramanduhr è nato come esperienza da studio, ma ho sempre in mente uno spettacolo che assomigli più a una tragedia greca che a un concerto rock: con performer, luci, teatro rituale. Se mai ci sarà un live, sarà un evento immersivo e simbolico, non solo un’esibizione musicale. È un’idea che cresce dentro di me da tempo… forse Vertuhn è il primo passo in quella direzione.

7. Cosa pensi della fruizione della musica di oggi? Sei a favore della digitalizzazione o pensi che abbia in qualche modo danneggiato la musica, e soprattutto le piccole band?
Credo che la digitalizzazione abbia democratizzato, ma anche reso tutto più effimero. La musica oggi è veloce, spesso consumata in background. Voglio dire, il mio album è lì a prescindere che lo si acquisti o meno. L’atto dell’acquisto è una scelta arbitraria dell’ascoltatore ma non più una condizione per accedere a quella forma d’arte. La differenza è tutta qui. Tuttavia, non mi sento in guerra con lo streaming: penso che ogni progetto debba solo scegliere il proprio modo di esistere. Dramanduhr è disponibile su tutte le piattaforme, ma anche su CD e Bandcamp, perché ci tengo che esista una forma tangibile e meditativa per chi vuole approfondire. Le piccole band devono solo essere radicali nella loro visione: se hai qualcosa di autentico da dire, qualcuno lo ascolterà.

8. Vogliamo parlare del singolare idioma che hai utilizzato nei testi e del perché di questa scelta?
I testi di Dramanduhr sono scritti in glossolalia, in una lingua inventata che chiamo Dahrmonium. Non c’è un significato razionale: le parole nascono dalla voce stessa, come suono puro, come evocazione. Sono profondamente stanco della musica come veicolo obbligato di messaggi. Credo che la melodia, la vibrazione e il suono abbiano un potere molto più libero, che può andare ben oltre la cronaca della nostra vita. Il Dahrmonium è la lingua di un’altra dimensione, di un culto perduto, di un tempo che non esiste, per me è come parlare direttamente a Dio o all’Universo, bypassando la ridondanza delle faccende terrene.

9. Quali sono i tuoi piani più immediati? Insomma, dove vorresti che arrivassero i Dramanduhr?
Nel breve termine voglio far conoscere Vertuhn a chi cerca esperienze sonore non convenzionali, sia attraverso recensioni che interviste come questa. Poi, chissà… forse iniziare a progettare un’esperienza live rituale, un evento simbolico che unisca teatro, suono e gesto.

10. Abbiamo finito, concludi come vuoi l’intervista!
Vi ringrazio sinceramente per lo spazio e l’ascolto. Dramanduhr non è solo un progetto musicale, ma un cammino spirituale e artistico che sto cercando di onorare con fedeltà.


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